Il polpo preparato alla gallega, la ricetta

Polpo alla gallega

Il polpo preparato alla gallega, la ricetta.
Uno dei piatti a base di polpo che mi piace più gustare è il polpo bollito preparato alla galiziana, un piatto tipico spagnolo. é molto veloce e facile da preparare.

Ingredienti per due persone:
– un polpo
– 2/3 patate
– olio evo
– sale grosso
– paprika

La preparazione:
Intanto bisogna bollire le patate; prediamo un paio di patate (meglio tre non molto grosse), sciacquarle bene sotto l’acqua corrente e metterle a cuocere, con la buccia, in un pentolino per una mezz’ora. Per sapere quando saranno pronte vi basterà trafiggerle con un coltello per testarne la morbidezza.
Contemporaneamente cuociamo il polpo. A dire la verità, nel mio supermercato di fiducia, ho trovato dei polpi precotti buonissimi e dal prezzo conveniente. Ma comprando il polpo surgelato, o fresco, dovrete farlo bollire un bel po’ da un’ora a due in acqua leggermente salata.

Una volta che patate e polpo sono cotti tagliare le patate a rondelle ed il polpo (esteticamente parlando meglio solo con i tentacoli) anche a rondelle.

Disporre sul fondo le patate, sopra il polpo; bagnare con abbondante olio d’oliva e cospargere di sale grosso e polvere di paprika.

Io scaldo leggermente il tutto nel microonde perché il piatto mi piace leggermente tiepido.

Ed il piatto è pronto da fotografare e mangiare!

Polpo alla gallega

Polpo alla gallega

Foto scattata con macchina Canon EOS M100 e lente Canon EF-M 22.

Il polpo è un mollusco molto ambito nella pesca di professione, ma anche sportiva. Le tecniche di pesca sono tradizionali e consistono nell’utilizzo di un’esca chiamata polpara che talvolta viene utilizzata insieme a granchi e pesci. Talvolta il polpo fresco viene preparato con la tecnica dell’arricciatura direttamente sugli scogli o in macchine apposite che ne consentono la degustazione a crudo. Il polpo arricciato si presenta con i tentacoli a forma di “boccoli”, le ventose dilatate ed ha una caratteristica consistenza “croccante”.
Continua e approfondisci su Wikipedia

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La carbonara a modo mio, la ricetta

La carbonara a modo mio, la ricetta

La carbonara a modo mio, la ricetta.
Visto che è uno dei miei condimenti preferiti oggi ho deciso di scrivervi la mia ricetta per fare questo piatto.
Il tutto è veramente molto semplice da realizzare.

Per prima cosa gli ingredienti (per una persona abbondante):
– due tuorli d’uovo
– un pezzetto di guanciale (visto che non sempre si può avere a disposizione nel tempo io ho provato un po’ di tutto dalla pancetta al salame; il migliore è il guanciale però!)
– formaggio grattugiato (pecorino possibilmente ma non sempre se ne ha, io quasi sempre uso il grana) Puoi comprare dell’ottimo pecorino qui.
– sale e pepe
– pasta di grano duro (spaghetti e rigatoni sono il must; nelle foto che vi allego la pasta sono dei moccolotti particolari)

Puoi trovare dei kit con tutto l’occorrente, fresco e di ottima qualità, per preparare la carbonara qui!

Preparazione.
Mettere a bollire dell’acqua con un poco di sale. Nel frattempo, in una padella, mettere a rosolare il guanciale a striscione o pezzetti.
Nel frattempo che il guanciale si rosola, attenzione a non farlo bruciare (un trucco per sapere quando è pronto è aspettare che il grasso sia trasparente) prendere i due tuorli e sbatterli con abbondante formaggio grattugiato per ottenere una crema molto spessa e densa.
Siamo praticamente alla fine: buttare la pasta e quando è pronta scolarla e metterla in un piatto.
Versarvi sopra la crema di uovo e formaggio e aggiungere il guanciale.

Il piatto è pronto!

Questo è il risultato:

La carbonara a modo mio, la ricetta

La carbonara a modo mio, la ricetta

Foto scattate con macchina Canon EOS M100 e lente Canon EF-M 22.

Spero vi sia piaciuta la ricetta.
Per i moccolotti, che mi sono stati regalati da un collega, vi lascio il sito del pastificio reginadeisibillini.it.

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La focaccia alla genovese, la ricetta

Focaccia alla genovese

La focaccia alla genovese, la ricetta.
E’ da diverso tempo che mi preparo la focaccia genovese all’olio in casa. Più o meno una volta a settimana ne faccio una bella teglia che poi taglio a pezzettini che metto nel freezer per la colazione di tutti i giorni.
La preparazione è molto semplice ed il risultato, senza essere professionisti, è discreto.

Gli ingredienti

– 500 gr di farina (io uso metà 00 e metà 0)
– 30 gr di olio evo
– 1,5 cucchiaini di sale
– 15 gr di lievito di birra
– 1/2 cucchiaino di zucchero
– 250 ml di acqua calda
Per la salamoia:
– 150 ml di acqua;
– 50 ml di olio d’oliva;
– 1 cucchiaino di sale

Preparazione

– prepariamo la pasta unendo la farina, l’olio, il lievito (precedentemente messo a mollo con un goccio di acqua e lo zucchero) e l’acqua.
– cominciamo a mescolare (a mano o con una impastatrice) fino a che il composto diventa omogeneo.
– aggiungiamo il sale e continuiamo ad impastare fino a che la pasta non assume una consistenza gommosa e non si attacca più alle mani.

Lievitazione

– ho provato diverse volte a fare la lievitazione in 3 passi (45 min per passo come descritto in quasi tutte le ricette online) ma non ne sono mai rimasto soddisfatto; ho provato allora a fare la lievitazione in frigorifero ed il risultato mi è risultato migliore.
– lasciare l’impasto in un contenitore a temperatura ambiente coperto con un foglio di pellicola trasparente per circa 45 minuti (questo farà aumentare il volume di circa tre volte)
– mettere ora il contenitore con l’impasto in frigorifero; dalle 19 alle 24 ore; non ho mai provato di più
– tirare fuori l’impasto e spanderlo in maniera uniforme nella teglia da forno precedentemente ben oliata
– oliare l’impasto anche sul lato aperto
– metter in forno con luce accesa (forno spento) per 45 minuti o un’ora.
– tirare fuori ed eseguire, energicamente, i buchi nella pasta, e versare la salamoia sulla focaccia.
– lasciare nuovamente in forno spento 45 minuti o un’ora.
– tirare fuori, accendere il forno e una volta caldo infornare la focaccia a 220 gradi per 15/20 minuti.

Finale

– quando la focaccia assume il classico colore dorato tirare fuori dal forno, togliere dalla teglia e posare possibilmente su una griglia (io uso quella del forno) in modo che circoli aria fresca anche sotto la focaccia.
– un altro trucco che ho letto è cercare di spargere l’olio e l’acqua non evaporati sulla superficie ancora calda in modo che la focaccia rimanga di un bel colore lucido.

Fatto! Ora, dopo qualche minuto, la potrete mangiare.

Focaccia alla genovese

Focaccia alla genovese

Foto scattate con macchina Canon EOS M100 e lente Canon EF-M 22.

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Il sugo di polpo, la ricetta

Il sugo di polpo

Il sugo di polpo, la ricetta.
Qualche giorno fa mio figlio si è preparato un piatto di pasta condito con questo sugo e subito mi sono venute in mente un paio di idee e di ricordi.
E’ un bellissimo piatto e anche molto buono. Lo faceva il nonno Mario, che cucinava benissimo il pesce.
Poi, con un polpo di meno di un kilo, mangiava tutta la famiglia (di sette o otto persone).
La cosa bella è che lui sapeva che il polpo è stanziale per cui, quando ne aveva bisogno, andava a prenderlo vivo e sapeva sempre dove trovarne uno.
Il sugo è molto facile da preparare; servono olio evo, sale, cipolla, passata di pomodoro (o pomodori freschi a seconda dei vostri gusti e capacità) e il polpo (fresco o surgelato che sia)
L’ideale sarebbe scottare il polpo leggermente in poca acqua, poi tagliarlo in piccoli pezzi da fare cuocere nella salsa di pomodoro.
L’importante è la pelle che è poi quella che fa buono il piatto!
Si fa un po’ di soffritto con l’olio e la cipolla, sia aggiunge il pomodoro e il polpo. Aggiustiamo di sale e lasciamo cuocere per una quarantina di minuti.
Se la salsa diventa troppo densa potete usare l’acqua della prima cottura per bagnare la salsa.

Hai mai assaggiato questo sugo? Aggiungi un commento oppure vai nella parte bassa del sito per leggere cosa hanno scritto gli altri visitatori.

Et voilà il sugo è pronto fotografato da Luca:

Il sugo di polpo

Il sugo di polpo

Foto scattate con macchina Canon EOS M100 e lente Canon EF-M 22.

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Fegato all’agiadda, la ricetta

Fegato all'agiadda

Fegato all’agiadda, la ricetta.
Oggi vi spiego un bel piatto di fegato che faceva mia nonna e che credo si chiami “fegato all’agiadda”.
Innanzi tutto si dovrebbe utilizzare fegato di vitello, meno nervoso e più tenero di quello di manzo. Il segreto sta nella salsa che viene fatta con mollica di pane messa a bagno nell’aceto e latte e fatta praticamente spappolare.
Poi metto il pane bagnato nel bicchiere del frullatore ad immersione e aggiungo aglio e sale.
Adesso faccio cuocere il fegato nel burro lasciando le fette intere e alla fine aggiungo la salsa: ora il piatto e’ pronto!

Attenzione a questa nota: la preparazione, essendo dal sapore molto forte, e’ soggetta al gusto soggettivo: a me, ad esempio, piacciono molto l’aceto e l’aglio e ne metto molto di entrambi. Ovviamente si possono diminuire o addirittura sostituire parte dell’aceto con vino bianco.
L’importante è che la preparazione si sciolga bene con il liquido e che poi copra bene il fegato lasciato al sangue e che sia servito ben caldo perché la salsa è fredda e va lasciata solo pochi secondi nella padella.

Ti piace questa ricetta? Lascia un commento cliccandoqui.

Eccovi un paio di foto scattate da mio figlio Luca:

Foto scattata con macchina Canon EOS M100 e lente Canon EF-M 22.

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Pesce in carpione o scabeccio, la ricetta

Pesce in carpione dell'Osteria da Sergio

Pesce in carpione o scabeccio, la ricetta.
I pescatori non sono mai stati ricchi, specialmente una volta quando non c’erano i frigoriferi e le attrezzature del giorno d’oggi e cercavano di conservare il pesce che non riuscivano a vendere.
Dopo quello di prima qualità e quello di seconda, rimaneva il pesce troppo piccolo, di qualità troppo scadente o magari rotto nella rete.
Per recuperare questo pesce i pescatori avevano inventato diversi sistemi e uno di questi è appunto il carpione che, a seconda delle zone, cambia nome e viene utilizzato in tutto il mediterraneo.

Adesso vi racconto come preparo io questo piatto.
Chiaramente non cerco pesce rovinato o di bassissima qualità e uso principalmente le boghe o pescetti piccoli ma troppo grossi per la frittura e spesso sardine che nel triestino chiamano “sarde in saor”.
Pulisco bene il pesce, tolgo le scaglie, le pinne e le interiora ma lascio la testa. Lo infarino bene e lo faccio friggere. A parte, in un’altra padella, faccio soffriggere abbondante cipolla, aglio e tutti i sapori in olio fresco dove ho aggiunto aceto e vino bianco, finché la cipolla è cotta ma non fritta.
Quando il pesce è ben fritto e freddo lo salo e lo copro completamente con questo preparato e lo lascio a bagno per almeno due giorni.
Adesso si può mangiare ma, se si resiste, più rimane a mollo meglio è perché così le lische e la testa diventano morbide e anch’esse possono essere mangiate.

Attenzione a queste note: le percentuali di olio e aceto possono variare a seconda del gusto, così come i sapori ed il vino bianco.

Eccovi un paio di foto, che ha scattato mio figlio Luca, del piatto servito nell’Osteria da Sergio di Sestri Levante:

Pesce in carpione dell'Osteria da Sergio

Pesce in carpione dell'Osteria da Sergio

Foto scattate con macchina Canon EOS M100 e lente Canon EF-M 22.

Il tocco di casa mia, la ricetta

ravioli al ragu di Marchin

Il tocco di casa mia.
Oggi vi spiego brevemente la ricetta del ragù di carne genovese così come lo so preparare io.

In abbondante olio di oliva soffriggere cipolla tritata con uno spicchio di aglio.
Aggiungete un bel pezzo di manzo e una salsiccia media e fate rosolare bene il tutto.
Bagnare con vino rosso e, una volta asciugato, aggiungete qualche pezzetto di funghi secchi e dei pomodori passati.
Fate cuocere lentamente per un’ora.
Togliete la carne, tritatela, e rimettetela nel sugo per farla cuocere ancora per un’oretta.

A questo punto il tocco è pronto!

A casa vostra come lo preparate? Aggiungi un commento oppure vai nella parte bassa del sito per leggere cosa hanno scritto gli altri visitatori.

Vi lascio una immagine di un bel piatto di ravioli conditi con il ragù di carne (non il tocco però):

ravioli al ragu di Marchin

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Pasta con le cicale di mare, la ricetta

Pasta con le cicale di mare

Pasta con le cicale di mare, la ricetta.
Questa mattina avrei voluto comprare una fetta di tonno ma sul banco c’era una cassetta di cicale (canocchie) vive e che muovevano ancora. Così ho pensato di preparare un piatto di spaghettoni con il loro sugo.
Ho fatto imbiondire uno spicchio d’aglio ed un peperoncino intero in olio d’oliva e alcuni pomodorini tagliati a metà e privati dei semi. Poi ho aggiunto le cicale, le ho fatte insaporire e poi bagnate con poco vino bianco di qualità.
Inizialmente, ho pulito le cicale privandole delle zampine, delle teste e code che ho messo a bollire per quasi un’ora e poi filtrato il brodo.
Bene, una volta evaporato il vino, ho aggiunto nella padella il brodo delle teste e ho lasciato riposare.
Ho messo finalmente a cuocere 80 grammi dei miei spaghettoni integrali che poi ho saltato in padella con le cicale. Alla fine, per non farmi mancare nulla, ho grattugiato sul piatto un po’ di bottarga e ho completato con prezzemolo tritato.

Purtroppo la foto del piatto non e’ venuta molto bene, ma ve la posto ugualmente per avere un’idea del piatto finito:

Pasta con le cicale di mare

La cannocchia o canocchia, detta anche pannocchia o pacchero o cicala di mare (Squilla mantis) è un crostaceo della famiglia degli Squillidae che può raggiungere una lunghezza massima di 20 cm.
Continua, anche se c’e’ scritto poco, su Wikipedia

La immagine in evidenza e’ del sito di immagini gratuite pixabay.com.

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Ossobuchi alla milanese, la ricetta

Ossobuchi alla milanese

Ossobuchi alla milanese, la ricetta.
Questa mattina sono passato da Alfredo, il mio macellaio di fiducia. Alfredo è un macellaio all’antica: ha un banco che sembrerebbe piuttosto povero ma tutto è conservato nella cella frigo per mantenere la giusta umidità e temperatura; basta chiedere e Alfredo tira fuori dalla cella i tagli più belli…
Questa mattina insolitamente aveva in vetrina un bellissimo pezzo di stinco di posteriore di vitellone*, da cui mi sono fatto tagliare tre splendidi ossibuchi con cui ho preparato il mio piatto: ossibuchi con risotto allo zafferano e gremolada**
Come procedura ho infarinato gli ossibuchi e li ho fatti soffriggere a fuoco alto per chiudere tutti i pori e non far uscire i succhi della carne.
In una casseruola di terracotta ho fatto soffriggere una cipolla ed uno spicchio d’aglio, ho aggiunto gli ossibuchi ed ho fatto prendere calore.Ho poi aggiunto alcuni pezzetti di carota, patate e zucchini, ho bagnato con vino rosso ed ho fatto iniziare la cottura a fuoco basso.
Intanto a parte ho preparato con calma la base per il risotto, tritando un po’ di cipolla, facendo scaldare un pentolino di buon brodo di carne e facendo fondere lo zafferano in acqua. Agli ossibuchi ho aggiunto poco concentrato di pomodoro e li ho fatti cuocere lentamente, sempre controllando che la carne fosse tenera e le verdure cotte bene. A cottura quasi ultimata ho aggiunto un po’ di sale grosso (cerco di stare sempre attento al sale).
Poi ho iniziato la cottura del riso, facendo soffriggere la cipolla in poco olio d’oliva, aggiungendo il riso che, una volta tostato, ho bagnato con poco vino bianco. Evaporato il vino ho aggiunto il brodo caldo (ormai conosco le quantità e riesco, dopo una piccola leggera rimescolatura a non continuare a muovere il riso che cuoce lentamente muovendo da solo grazie all’ebollizione dei liquidi). A cottura quasi ultimata ho aggiunto lo zafferano e, a cottura ultimata, lo ho mantecato con un pezzo di burro ma non ho aggiunto formaggio, che per me, altera il sapore dello zafferano.
Poi ho preparato il piatto con il risotto, l’ossobuco che ho bagnato con il suo sugo ed ho aggiunto la gremolada. Tutto fatto…

Buon appetito!!!
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Ossobuchi alla milanese

Ossobuchi alla milanese

Foto scattata con macchina Canon EOS M100 e lente Canon EF-M 22.

* il vitellone è la carne di solito usata per questo piatto perché è più tenera ma l’importante è che provenga dal posteriore perché meno fibrosa e più grande di diametro. Io ho usato il vitellone: ne sapevo la provenienza e la scelta mi ha dato ragione.
** la gremolada è una semplicissima salsa fatta tritando buccia di limone senza il bianco, aglio e prezzemolo e serve a profumare l’ossobuco

Nota: Come sempre la qualità delle materie prima è essenziale: per prima cose bisogna scegliere bene la qualità della carne, se è il caso prenotandola dal proprio macellaio di fiducia chiedendo espressamente che sia di posteriore. Importante poi è anche la qualità dei vini per bagnare la carne ed il riso.

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Il sanguinaccio o berodo, la ricetta

Il sanguinaccio o berodo

Il sanguinaccio o berodo.
Il sanguinaccio, che è chiamato in molti modi (qui da noi in Liguria appunto berodo) e preparato in altrettante maniere, è una preparazione che, per quanto sappia io, viene fatta in tutto il mondo non mussulmano: non è altro che un modo per recuperare il sangue del maiale, preziosa fonte di proteine, grassi e altri ingredienti…
Io ho sempre assaggiato questo prodotto, quando lo ho trovato, e ne ho trovato di ottimi sia che fossero fatti con il cioccolato amaro e sia messi in piccoli budelli e mescolati con peperoncino in Messico.
Comunque, quando si compera un sanguinaccio, questo è in realtà già stato preparato dal macellaio e poi sottoposto ad una prima bollitura.
Il sangue fresco deve subito essere mescolato con latte e bisogna continuare a mescolare per evitarne la coagulazione. A questo punto l’ulteriore procedimento di preparazione dipende dalle abitudini, culture e tradizioni dei luoghi e paesi.
Io, anni or sono, ho visto preparare i sanguinacci da Lindo, un norcino locale che veniva chiamato dalle famiglie che, spesso con sacrificio, allevavano e poi macellavano un maiale. Per me, però, il maestro assoluto delle preparazioni dei salumi e sanguinacci era il sig. Lino Marcenaro e i suoi due assistenti: Franco e Carlo che poi è diventato un grande viaggiatore di paesi esotici e che è uno dei miei più vecchi e cari amici.
Il sangue, ancora fresco viene mescolato con latte fresco, continuando a mescolare con spezie, sale e pinoli, che devono essere abbondanti anche se cari; naturalmente non so le dosi che devono essere segrete. I sanguinacci, appena chiusi con la stessa tecnica usata per le salsicce, devono essere messi a bollire per avere così la prima cottura. E’ così che li troviamo dal macellaio.
In casa nostra li cuciniamo semplicemente bolliti per alcuni minuti ma decorati mescolando alcuni contorni della cucina svizzera: patate sabbiose (tagliate a spicchi, scottate in acqua e poi saltate al burro e pangrattato), fettine di mele renette (sbucciate, tagliate a spicchi e poi cotte lentamente in acqua leggermente acidulata con limone e spolverate di cannella) e infine con verza saltata (tagliata non troppo finemente e cotta con poco olio, sale e spruzzata con vino bianco e, alla fine, con un goccio d’aceto).
Buon appetito!

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Il sanguinaccio o berodo

Foto scattata con Honor 10.

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