Stoccafisso bollito dallo chef stellato Loris, la ricetta

Stoccafisso: merluzzo ad essicare

Lo stoccafisso ha una lunga storia e non è adesso il momento di raccontarvela perchè negli anni è diventata un romanzo…
Io sono stato molte volte alle isole Lofoten, in Norvegia ed ho visitato molti luoghi di produzione e stoccaggio del Merluzzo che poi diventa stoccafisso.
Qui da noi, nel primo entroterra, abbiamo molte trattorie che al venerdì preparano lo stoccafisso bollito ed i clienti sono sempre numerosissimi.
Bisogna dire che preparare lo stoccafisso bollito é molto facile ma uno dei motivi per cui a molte signore non piace cucinarlo in casa è dovuto al cattivo odore che emana cuocendo e che poi si sparge in tutta la casa. Io uso un sistema semplicissimo per non avere il cattivo odore in casa e desidero raccontarvi come faccio.

Prima di tutto, la sera prima, metto a bagno in acqua fredda un paio di manciate di fagiolane che il mattino successivo faccio bollire assieme alle patate con la buccia: io calcolo una bella patata e mezza per persona. Poi cuocio lo stoccafisso a vapore nella pentola a pressione. Metto sul fondo della pentola due e o tre dita di acqua a cui aggiungo sale, alcune foglie di alloro e una gambetta di sedano. A questo punto metto lo stoccafisso in una gabbietta apposita che entra nella pentola senza però che il pesce tocchi l’acqua ed aggiungo un cipolla intera a cui ho tolto la buccia.
Se lo stoccafisso che ho comperato è bagnato, molto bagnato, lo faccio cuocere calcolando 10 minuti dopo il primo fischio della pentola che segnala che la pressione interna è ottimale. Dopo aver atteso questi 10 minuti, tolgo la pentola dal fuoco e la porto in giardino (o sul terrazzo) per fare uscire tutto il vapore fuori di casa e senza che il cattivo odore si sparga in casa. Una volta ritornato in casa pulisco lo stoccafisso, pelo le patate ed aggiungo le fagiolane. Prima di condire il tutto con l’olio extra vergine ligure, aggiungo la mia salsa che ho preparato durante i 10 minuti della cottura del pesce.

Salsa per la stoccafisso:

Pesto nel mortaio (si può anche usare il frullatore ad immersione) qualche pinolo, uno spicchio d’aglio senz’anima e un paio di filetti di acciuga.

Vi racconterò in altra occasione qualche simpatico annedoto.

Vi allego una foto (da me scattata) di una casa alle Lofoten con essiccazione della stoccafisso.

Stoccafisso: merluzzo ad essicare

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La trippa, la ricetta

La trippa.
Come molti piatti poveri la trippa viene consumata in tutto il mondo e ogni paese ha molteplici ricette per la sua preparazione. Quando ho potuto farlo ho assaggiato la trippa in tutti i paesi che ho visitato, e sono molti, ma credo che il modo più strano che mi sia capitato sia stato a Hong Kong. Durante il periodo di circa nove mesi che ho avuto la fortuna di trascorrere su di un nave che operava nell’estremo oriente, quando ne ho avuto la possibilità, ho provato i piatti locali, specialmente quelli di Hong Kong dove i ristoranti che servono piatti tipici velocissimi a prezzi molto contenuti sono innumerevoli. Ho iniziato ad apprezzare la cucina orientale sulla nave, assaggiando i piatti della cucina per l’Equipaggio dove ci sono cuochi in grado di soddisfare le esigenze alimentari dei differenti gruppi etnici, religiosi e culturali dei vari componenti del personale. Queste mie curiosità hanno avuto una grande risposta quando ho conosciuto su di una nave un grande Chef cinese che alternava la preparazione di ottimi piatti cinesi alla classica offerta della cucina tipica italiana fatta da un altro ottimo Chef italiano. A Hong Kong, come in quasi tutta l’Asia, si può mangiare qualunque cosa in qualsiasi momento ed io approfittavo di ogni mezz’ora per poter uscire ad assaggiare qualche piatto. Naturalmente non uscivo da solo ma con un mio collega cinese che mi guidava nella scelta dei piatti dopo avermene descritto la composizione e, tornando alla trippa, che viene consumata in abbondanza anche nella cucina cinese, venni incuriosito da una zuppa di verdure varie con i classici “noodles” di riso, arricchiti da abbondanti pezzi di trippa caramellati. Questa trippa era così buona che chiedevo che nella tazza ne mettessero doppia porzione…

Come in tutte le regioni d’Italia anche in Liguria la trippa fa parte della cucina povera ed in casa nostra, a parte mio figlio, la consumiamo tutti con piacere. Devo dire che la trippa, sia che sia alla parmigiana, alla milanese, alla toscana, eccetera, viene fondamentalmente preparata alla stessa maniera e pertanto vi descriverò come la prepariamo in casa mia.

Prima di tutto mi procuro la trippa della migliore qualità possibile da un macellaio di fiducia o, meglio, da una tripperia di Chiavari l’unica rimasta e che ha una tradizione molto antica. Per quattro persone mi faccio preparare circa un chilo di trippa mista… lo so che è molta ma bisogna ricordare che la trippa che si compera ha già subito una pre-cottura anche se breve e che contiene molta acqua.

Faccio poi un fondo abbastanza grossolano con cipolla, sedano, carota e uno spicchio d’aglio, metto ad ammollare pochi fungi secchi e preparo a parte quattro belle patate, un poco di concentrato di pomodoro, qualche oliva taggiasca, una manciatina di pinoli. Su di un fornello metto a scaldare un po’ di brodo di carne (o lo faccio direttamente con un po’ di verdura).

Dopo aver fatto soffriggere dolcemente il fondo nell’olio extra vergine (non molto) aggiungo le trippe tagliate molto fini, salo leggermente e lascio che fuori esca tutta l’acqua in esse contenuta. Dopo questa operazione vi renderete conto che, in fondo, il chilo di trippa si sarà molto ridotto… ma non vi preoccupate perché andranno ancora aggiunte le patate…

Una volta che la trippa si sarà ben insaporita la bagno con poco vino bianco e lo lascio evaporare. Aggiungo poi un po’ di brodo caldo, il concentrato di pomodoro, i funghi secchi ammollati e tritati, le olive, i pinoli e le patate tagliate a cubi grossolani. Lascio cuocere a fuoco moderato controllando la cottura e aggiungendo brodo se necessario. La trippa sarà pronta quando le patate saranno cotte. Prima di servirla aggiungo un po’ di prezzemolo tritato. A tavola per chi piace, si può aggiungere il formaggio grattugiato.

La foto è stata presa dal sito Pixabay che offre immagini gratis online.

Ragù di cinghiale a modo mio, la ricetta

Tagliatelle al sugo di cinghiale

Ragù di cinghiale a modo mio.
Quest’anno la caccia al cinghiale è stata molto abbondante e questi animali sono stati uccisi a centinaia. Così è successo che un amico, con il frigo ormai pienissimo, mi ha regalato un bel pezzo di carne fresca di questo animale.
Io amo la carne rossa di questo animale ma non amo troppo il sapore di selvatico che spesso la accompagna una volta cotta. Pertanto, al contrario di come si fa abitualmente, dopo aver tagliato la carne a cubetti la ho messa a marinare per una notte in abbondante vino bianco, senza aggiungere spezie né erbe aromatiche. Al mattino ho scolato completamente il vino nel lavandino ed ho lasciato riposare la carne fuori dal frigo per un’oretta. Nel frattempo ho preparato un battuto di cipolla, erbe aromatiche e poco aglio d ho messo ad ammollare alcuni pezzi di funghi secchi. Ho poi infarinato la carne e la ho fatta soffriggere in padella con poco olio extra vergine per permetterle di espellere tutta l’acqua che contiene. Quando la carne è diventata ben rosolata ed asciutta, la ho tolta dalla padella e la ho messa in una casseruola capiente dove ho fatto soffriggere con abbondante olio extra vergine la cipolla, gli aromi ed i funghi secchi tritati. Poi ho bagnato il tutto con altro vino bianco e, una volta evaporato, ho aggiunto la passata di pomodoro e lasciato cuocere per almeno un’ora a fuoco basso. Quando la carne è cotta a sufficienza e diventata bella tenera, ne ho tritato finemente una metà circa aggiungendola al sugo facendo ancora cuocere finché il tutto non sarà ben amalgamato.

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tagliatelle al sugo di cinghiale nel piatto

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Tagliatelle al sugo di funghi, la ricetta

Tagliatelle al sugo di funghi

Tagliatelle al sugo di funghi.
Uno dei sughi più buoni e semplici che ci siano: il sugo di funghi, questa volta condisce un bel piatto di tagliatelle.

Questa la ricetta e gli aneddoti di Loris:

Sugo di funghi secchi.

Questo sugo, ben differente da quello fatto con i funghi freschi, fa parte della tradizione dell’entroterra.
Il giorno d’oggi capita di vedere nei menu di certi ristoranti le tagliatelle ai funghi porcini ma, almeno nell’entroterra della Riviera di Levante, si tratta delle ottime tagliatelle ai funghi secchi che fanno parte della vecchia tradizione di queste parti e che sono fatte con l’aggiunta di salsa di pomodoro. Pertanto, a parte di essere nella stagione dei funghi, se questo piatto viene proposto senza pomodoro, i funghi usati sono senz’altro congelati, magari con l’aggiunta di qualche pezzetto di secchi per dar loro un po’ più di profumo.
Anni fa avevo un amico di Santo Stefano d’Aveto, ormai deceduto, che era un grande commerciante di funghi secchi ed è difficile immaginare quale grande mercato ci sia dietro questo prodotto… ricordo che questo amico aveva un capannone refrigerato dove teneva quintali di funghi secchi che provenivano da tutta l’europa e che conservava anche per molti mesi per venderli quando la stagione ed i prezzi fossero stati più propizi.
Adesso mi vengono in mente molti aneddoti legati ai funghi ma non voglio annoiarvi con questi miei ricordi. Un ricordo particolare è di molti anni fa quando ero in Sicilia a fare il servizio militare ed avevo un commilitone calabrese la cui famiglia commerciava in funghi freschi. Una volta, durante una breve licenza, andai con lui al suo paese, Stilo, presso un deposito della sua famiglia c’erano quintali di funghi freschi che venivano portati dalla gente del posto. I funghi venivano divisi per dimensione, qualità, tipo e poi trattati da donne sapienti che li preparavano per essere portati in città ed essere spediti verso i mercati, altri li preparavano per essere messi sott’olio e altri ancora venivano seccati. Evidentemente, nei primi anni settanta, non c’era ancora la possibilità e la cultura della surgelazione.

Qui da noi, in molti ristoranti del primo entroterra, vengono serviti ottimi piatti di tagliatelle ai funghi secchi (con pomodoro), in alternativa ai tradizionali piatti di ravioli al ragù genovese o ai pansotti alla salsa di noci.

La ricetta per preparare la salsa con i funghi secchi è molto semplice.
Prima di tutto bisogna avere dei funghi di buona qualità e non è indispensabile scegliere i più cari ma quelli più profumati. Io lascio i funghi secchi a bagno per poco tempo in acqua fredda, che cambio dopo un paio di minuti per eliminare residui di terra e foglie per sostituirla con altra acqua sempre fredda. A parte faccio soffriggere in una giusta quantità di olio extra vergine un po’ di cipolla tritata ben fine, una testa d’aglio, un battuto leggero di rosmarino ed un paio di foglie di alloro. Aggiungo poi al soffritto i funghi rinvenuti nell’acqua e tritati. Non appena i funghi avranno preso calore li bagno leggermente con poco vino bianco, aggiungo una giusta quantità di pomodori passati ed un poco di sale. Quando la salsa comincia a rosolare (non è una cottura lunga) aggiungo, se necessario un poco della seconda acqua in cui ho fatto ammollare i funghi secchi. Alla fine, doso ed aggiusto il sale ed aggiungo un trito finissimo di prezzemolo.

A me piace anche aggiungere al soffritto un poco di peperoncino piccante.

Tagliatelle al sugo di funghi

Tagliatelle al sugo di funghi

Foto scattate con macchina Canon 600D e lente Canon EF 40.

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Ravioli alla salsa di noci: la ricetta

Ravioli alla salsa di noci

Ravioli alla salsa di noci: la ricetta.
La variante ai più classici pansotti sono i ravioli di magro alla salsa di noci. Piatto tipico ligure dal gusto inconfondibile.

Al di fuori dalle nostre parti ho visto preparare questa salsa in tanti modi ma qui da noi, o meglio, nel nostro entroterra rivierasco, la salsa di noci si accompagna agli ancora più classici “pansotti” o “pansoti”: ravioli o ravioloni di verdure di diverse forme che possono essere piccoli come ravioli o grandi e chiusi come tortelloni ma, comunque, preparati con la pasta povera di uova tipica ligure e farciti con erbe selvatiche, ricotta, uova e formaggio grattugiato.
Questa pasta è nata a Rapallo e nel suo entroterra per poi espandersi a tutta la provincia di Genova. Ho un caro ricordo della famiglia Valle che aveva una vecchia e piccola trattoria nella valle di Ne’, a Frisolino. Il nonno era una saggio conoscitore di caccia e della sua campagna (conosciutissimo in tutta la vallata e a Chiavari). Il primo figlio che aiutava anche lui in trattoria, il secondo figlio scapolo, specialista nella preparazione del coniglio, ed il piccolo Enrico che adesso è un uomo adulto, sposato con famiglia. La perla di questo gruppo di uomini era però la mamma di Enrico, moglie del primo figlio, grande cuoca della cucina povera e saporitissima dell’entroterra. Adesso che la trattoria non esiste più e che tutto il gruppo familiare è a cucinare nelle valli del paradiso, prima di parlare dei piatti che la signora Valle preparava, posso raccontare alcuni annedoti…

Non si poteva pensare a “da Valle” come ad una vera trattoria ma piuttosto come ad una riunione in famiglia assieme ad altri ospiti/amici e questi ricordi sono vivissimi perchè negli anni mi capitò di tutto: le posate erano tutte assortite, come i tovaglioli e poteva capitare che, come le tovaglie, fossero bucati o rotti ma comunque sempre pulitissimi. Un’altra volta, che avevo ospiti, fummo accolti dallo zio preparatore del coniglio, seduto sul gradino d’entrata, che si stava mettendo le scarpe e che, imperturbato ci salutò dicendo che il coniglio era pronto… Tra tutti, Enrico a parte, avranno avuto una trentina di denti. Le relazione pubbliche erano del nonno e del furbissimo Enrico mentre il primo figlio serviva ai tavoli. La grandezza di questo locale consisteva nella cucina, negli ingredienti poveri, nella parsimonia dell’olio fatto in famiglia ma specialmente nella grande maestria di quella donna con poco preparava cose eccelse. Il menu era sempre lo stesso: antipasto di salumi fatti in casa, pansotti alla salsa di noci, ravioli al sugo in cui spesso si vedeva una colombina o un altro fungo messo per arricchire la salsa, arrosto o cima o fritto misto di carne (poca) e verdure (tante e squisite) e un dessert fatto in casa.

I pansotti erano fatti come i ravioli ma lunghi il doppio e un po’ più larghi e la salsa profumava di un aroma che è poi il trucco che non viene mai citato nella sua preparazione.

Adesso torniamo alla salsa di noci. Per la sua praparazione necessitiamo di buone noci, pane ammollato nel latte e poi strizzato, poco aglio e poi l’aroma finale… a me piace pestare tutto nel mortaio ma si può usare anche il frullatore ad immersione ma poco alla volta per non scaldare la salsa. Io immergo per una trentina di secondi i gherigli nell’acqua bollente e appena tolti li metto subito sotto l’acqua fredda per poi pelarli con maggiore facilità. Intanto strizzo la mollica di pane messa a bagno nel latte e l’aggiungo alle noci, un poco d’aglio senza l’anima interna, poco sale e l’aroma tipico ligure, la erba persa, che a me piace abbondante. Proprio come faceva la signora Valle. Dopo aver pestato bene ed amalgamato il tutto mescolandolo con ottimo olio extravergine d’oliva ligure e la salsa è pronta. A me non piace aggiungere, come fanno in molti, il formaggio grattugiato per insaporire ed allungare la salsa ma allungarla con mezzo cucchiaio d’acqua di cottura e poi ma mettere il formaggio sulla pasta dopo averla servita. Buon appetito!

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Ravioli alla salsa di noci

Ravioli alla salsa di noci

Foto scattate con macchina Canon 600D e lente Canon EF 40.

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Spaghetti integrali a modo mio, la ricetta

Spaghetti integrali a modo mio

Spaghetti integrali a modo mio. Per 4 persone. Per questa ricetta uso:

– 320 grammi di pasta integrale
– 1 sacchetto di bottarga di muggine (di solito viene venduta in confezione di due sacchetti che sembrano due bastoncini marroni/rossastri e che sono gli involucri originali delle due sacche di uova contenuti nel pesce
– 1 spicchio d’aglio
– peperoncino secondo i gusti
– olio d’oliva quanto basta
– 2 o 3 pomodorini di pachino per persona
– 2 cucchiai abbondanti di pane grattugiato.

Innanzi tutto, come mi insegnò molti anni fa un grande Chef, faccio tostare il pan grattato nella padella antiaderente asciutta, facendo evaporare la poca umidità che ancora contiene per renderlo più digeribili; poi lo metto da parte. Adesso preparo un fondo facendo soffriggere l’aglio e il peperoncino nell’olio d’oliva aggiungendo poi i pomodorini tagliati in quattro parti e privati dei semi e un poco d’acqua per farli cuocere senza che secchino e senza che l’agio bruci.

A questo punto preparo la bottarga grattugiando una delle due uova e aggiungendola al pane grattugiato e mescolando bene. I pezzetti che rimangono più grandi li aggiungo al fondo dell’olio facendoli semplicemente scaldare ma senza che brucino.

Il lavoro è finito: faccio saltare gli spaghetti cotti al dente nel soffritto, li metto nel piatti da portata e li cospargo con la bottarga grattugiata e mescolata con il pan grattato. Mescolo bene prima di servire.

Buon appetito!

Spaghetti integrali a modo mio

Le acciughe marinate al limone: la ricetta

Acciughe al limone

Le acciughe marinate al limone: la ricetta.
Uno dei piatti tipici della Liguria sono le acciughe al limone.

Ho raccolto molti limoni che la pianta del mio giardino mi ha, come al solito, abbondantemente regalato ed ho visto nella mia pescheria di fiducia delle belle acciughe nostrane, non grandissime, ma già di dimensione accettabile e così ho preparato le prime acciughe al limone della stagione.

Voglio descriverne la preparazione che imparai molti anni fa da una signora quasi analfabeta. Una grande donna che faceva la lavapiatti per mantenere tutta la famiglia e che aveva un grande talento per la cucina.

Prima di tutto scegliete le acciughe che devono essere freschissime e di misura abbastanza grande.

Poi con calma dopo aver tolto la testa ai pesci e, con essa, le interiora o la maggior parte di esse, mettete le acciughe in un recipiente con uno spiffero d’acqua corrente e lasciatele sotto questo spiffero per almeno dodici ore.
Fatta questo operazione vedrete che le acciughe saranno diventate bianche, sode e si saranno leggermente aperte per permettervi di rimuovere le lische senza romperne le carni lasciando però la coda attaccata ai pesci.
A questo punto, per seguire le attuali regole di sicurezza alimentare, mettete il pesce ben ordinato in un recipiente che lascerete nel congelatore per almeno 48 ore per poter eliminare definitivamente eventuali parassiti che potrebbero contenere.
Passato il tempo richiesto consiglio di fare ritornare il pesce ad una temperatura che permetta di maneggiarlo lasciandolo nel frigo normale onde evitare che lo shock termico ne guasti la delicatezza delle carni e poi procedere con la preparazione. Anche questa è una operazione molto delicata che va fatta con attenzione e precisione.

Innanzi tutto spremete una buona quantità di limoni e tenete a portata di mano un contenitore di sale fino ed un recipiente basso e abbastanza largo da poter contenere le acciughe messe a più strati sovrapposte. Cospargete leggermente il fondo del contenitore con sale fino e adagiatevi sopra uno strato di acciughe. Fatto questo cospargete ancora con un poco di sale e poi coprite con succo di limone. A questo punto fate un altro strato di acciughe che metterete, sempre con grande attenzione, una sopra l’altra, salando ancora leggermente e coprendo ancora con limone… e continuate questa operazione fino ad esaurimento del pesce e fate in modo che il succo di limone lo copra completamente. Mettete poi il contenitore coperto in frigorifero e lasciatevelo per 24 ore. Passate le 24 ore prendete il contenitore e, sempre con molta attenzione per non far muovere il pesce, scolate completamente il limone ed sostituitelo con olio d’oliva.
Sopra tutto cospargete un poco di origano ben fino.
Le acciughe sono pronte.

N.B. Lo so, questa preparazione é lunga e faraginosa e si può abbreviare molto; si può utilizzare aceto invece del limone o fare altre manipolazioni ma la ricetta che vi ho proposto è senz’altro la migliore che io abbia mai visto anche se è la più lunga, difficile e cara…

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Acciughe al limone

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Acciughe sotto sale, la ricetta

Acciughe sotto sale

Acciughe sotto sale, la ricetta.
Questa mattina ho preparato un piattino di acciughe salate e più avanti vi spiegherò come ho fatto. Mentre pulivo le acciughe che misi sotto sale la scorsa estate mi è venuto in mente l’operazione della salatura che faceva mio nonno materno mentre io, bambino, lo osservavo con attenzione. Questa è una storia un po’ lunga ma se avete voglia di leggerla desidero narrarvela… Bisogna andare molto Indietro negli anni, quando il nonno mi raccontava queste storie. Lui ed i fratelli erano molto giovani e vivevano presso la cascata, a Riva Trigoso, zona ponente. La vita era dura e i cantieri erano ancora agli albori pertanto i mezzi per sopravvivere erano veramente limitati: molti uomini andavano a navigare altri sopravvivevano facendo i contadini/pescatori perché sia la terra che il mare, da soli, non permettevano di sopravvivere e la gente si doveva adattare facendo i due mestieri. Questo è appunto quello che facevano mio nonno ed i suoi fratelli, soprannominati i “buluin”.  D’estate, pertanto, si dedicavano alla pesca delle acciughe che veniva fatta sotto costa, seguendone i banchi verso le cinque terre. La barca era un gozzo a vela latina, la rete si chiamava “manata” e la pesca avveniva piu o meno come oggi ma senza l’aiuto della lampara; prima della partenza le donne preparavano i barilotti di sale ed pescatori seguivano la costa pescando e salando, finché i barilotti non erano pieni di acciughe e si poteva così ritornare a casa. Di notte si fermavano nei porticcioli, mangiando pesce con quel poco che ricevevano scambiando i pesci di maggiore qualità che rimanevano nelle reti con le acciughe con gallette e verdura, mentre il vino e l’olio (e spesso anche le gallette) le portavano da casa. Nacquero così, per necessità, molti piatti che poi divennero tipici della nostra cucina, il più conosciuto dei quali è il “bagnun”. Mi sembra di vederlo mio nonno quando, dopo aver tolto loro la testa, adagiava nell’arbanella di vetro uno strato di acciughe, testa e coda, alle quali alternava un sottile strato di sale grosso. La meticolosità con cui eseguiva questa operazione era la garanzia di uno prodotto finito di qualità. Dopo alcuni mesi le acciughe erano mature per essere consumate.

La preparazione della acciughe cerco di farla come faceva il nonno anche se non sono sicuro se anche lui eseguisse la stessa procedura: prima tolgo con cautela il pesce dall’arbanella. Poi cerco di togliere con calma dalle acciughe più sale possibile e le lavo leggermente con una miscela di aceto appena allungato con acqua aprendole per togliere loro la lisca. Anche questa operazione va fatta con cautela cercando di non rompere il pesce. Alla fine tolgo dai filetti eventuali piccole lische o residui di sale e poi li strizzo per far uscire i residui di aceto e li adagio su di un piatto che ho bagnato con olio d’oliva extra vergine. Spargo poi sui filetti poco aglio tritato ed origano ed infine copro ancora con olio d’oliva. Il piatto è pronto. Buon appetito.

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Acciughe sotto sale

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Ragù alla ligure con involtini, la ricetta

Ragù alla ligure con involtini

Ragù alla ligure con involtini, la ricetta.
Oggi desidero descrivervi il ragù alla ligure, il “tuccu”, come viene fatto da sempre in casa mia.
Non so se corrisponde esattamente ai canoni della cucina ligure ma è veramente ottimo.

Ingredienti per una bella pentola di sugo

Un bel pezzo di matama’ di manzo di circa 300/350 grammi è un paio di salsicce; una cipolla media tritata; olio d’oliva extra vergine abbondante; mezzo bicchiere di vino rosso, alcuni pezzetti di porcini secchi; una lattina di pomodori pelati e poco concentrato; alloro e rosmarino.
Per gli involtini: fettine di vitellone nel magro di spalla; cipolla tritata assieme a prezzemolo, pane grattato e salsiccia. Tagliare le fettine e batterle leggermente fino a far loro raggiungere le dimensionI di  cIrca 10 cm x 15 (ma non fate i geometri), racchiudere nel loro interno il battuto degli ingredienti appena descritti, e chiudere bene la carne con una stuzzicadenti.

Preparazione

Soffriggete la cipolla nell’olio aggiungete la carne e le salsicce facendole rosolare a fuoco vivace e poi gli involtini. Una volte che la carne sarà ben rosolata, bagnate con il vino, fate evaporare ed aggiungete i funghi secchi, gli aromi, i pomodori pelati passati ed il concentrato. Abbassate il fuoco e controllate il sale tenendo conto che la salsiccia è salata. Fate cuocere a fuoco basso per circa un’ora e poi tritate due terzi della carne e aggiungetela, continuando la cottura per un’altra oretta. 
A casa nostra con il ragù condiamo la pasta e nei giorni successivi serviamo gli involtini con poco sugo e riso pilaf. Questo tipo di accompagnamento degli involtini non è tipico ligure ma è stato introdotto in casa nostra da mia moglie Emma, che è un’ottima cuoca ma che ogni tanto inserisce nei suoi piatti piccoli ricordi della cucina delle sua originip Svizzere e che che ormai fanno parte delle nostre abitudini.
Provare per credere. Se non sapete, in altra occasione vi descriverò il riso pilaf, o pilaff o pilaw…

Ragù alla ligure con involtini

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