Loris era mio papà. Era un Capo Commissario della Costa Crociere. E' sempre stato un amante della buona cucina ed un ottimo chef. Le sue presentazioni di menù e cibi sono famose così come le mangiate che organizzava.
Spaghetti alle acciughe e mollica di pane, la ricetta. E’ iniziata la stagione delle acciughe, sono ancora piccole per la salatura ma si possono usare per molti piatti semplici e gustosi.
Mi è venuta in mente una ricetta che forse ho imparato dai molti chef meridionali che hanno influenzato positivamente i miei gusti e la mia cucina e di cui adesso vi faccio partecipi. Se avete qualche idea o commento vi invito ad aggiunfere un comment oppure ad andare nella parte bassa del sito per leggere cosa hanno scritto gli altri visitatori.
Per 4 persone per la salsa ho usato:
4 etti di acciughe fresche che ho pulito e disliscato
6 filetti di acciuga salata
uno spicchio d’aglio
olio extra vergine d’oliva
origano e mollica di pane*.
Nell’olio ho fatto soffriggere l’aglio tritato assieme ai filetti di acciuga salata (e peperoncino per chi lo apprezza). Ho sfumato con poco vino bianco e poi ho aggiunto le acciughe fresche che devono cuocere soltanto per pochi minuti e una presina di origano secco.
La salsa è pronta.
Ho fatto cuocere 350 grammi circa di spaghetti che ho poi fatto saltare nella salsa. Alla fine ho cosparso con la mollica di pane*. Un piatto delizioso, semplice e saporito.
* La mollica di pane è diversa dal pane grattugiato. E’ più grossolana ed io la ottengo grattugiando a mano il pane e facendolo poi saltare in padella antiaderente senza olio per asciugarlo leggermente.
Adesso guarda il piatto finito a dimmi cosa ne pensi!
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Tagliatelle con prosciutto crudo e piselli, un piatto semplice e gustosissimo, specialmente durante la stagione dei piselli freschi.
Ricetta per 4 persone.
In un fondo di olio extra vergine, fate soffriggere mezza cipolla tagliata a strisce grossolane, ho aggiunto centoventi grammi di prosciutto tagliato a strisce e ho sfumato con poco vino bianco. A parte ho fatto bollire per pochissimi minuti circa 800 grammi di piselli freschi (il tempo di cottura varia a seconda della loro dimensione) e li ho aggiunti al fondo di cipolla e crudo. Una volta che la salsa è amalgamata l’ho fatta raffreddare e poi ho aggiunto circa 80 grammi di panna fresca, rimescolando il tutto. A questo punto ho messo nella padella le tagliatelle cotte al dente, ho aggiunto poca acqua di cottura e le ho fatte saltare. Per completare il piatto ho spolverato con formaggio grana grattugiato.
Taglierini paglia e fieno ai carciofi. Oggi ho pensato di fare per me un piatto che preparava un mio amico e grande Chef di origini siciliane ma cresciuto in Liguria: taglierini paglia e fieno ai carciofi.
Per persona si utilizza un bel carciofo, che si pulisce con attenzione utilizzando anche il gambo, si taglia a fettine e si tiene immerso in acqua con qualche goccia di limone. Poi si immerge per 3 minuti circa in acqua bollente salata (sbiancatura). Si scola e si lascia raffreddare. Intanto si prepara un fondo con cipolla tritata, uno spicchio d’aglio in camicia e olio extra vergine. Una volta che il fondo è pronto si aggiunge il carciofo tagliato a fettine e si lascia soffriggere a fuoco alto per fargli perdere l’acqua rimasta dopo la sbiancatura e si bagna con poco vino bianco. Una volta che il vino è evaporato si aggiunge il pomodoro passato e li lascia cuocere lentamente aggiungendo un po’ d’acqua di cottura del carciofo se necessario per una ventina di minuti o anche più, se necessario.
Una volta pronta questa salsa si cuociono i taglierini e si fanno saltare in padella con la salsa di carciofo e, messi sul piatto, si aggiunge una presa di origano. Buon appetito.
Una variante di questa ricetta è fatta senza pomodoro, utilizzando tagliatelle più grandi con l’aggiunta di besciamella e gratinando al forno in una pirofila.
Una volta che i carciofi sbiancati, si fanno saltare nel fondo di cipolla e aglio, si bagnano con il vino. Una volta che il vino è evaporato si lasciano cuocere lentamente aggiungendo acqua di cottura se necessario. Si aggiungono poi le tagliatelle (cotte molto al dente) e si fanno saltare affinché si insaporiscano aggiungendo un poco di grana grattugiato. Si abbassa la temperatura e, una volta che il tutto sarà raffreddato , si aggiunge la besciamella (in modo misurato e senza esagerare) si mescola bene il tutto e si mette in una pirofila unta con olio extra vergine. Si cosparge con un po’ di pane grattugiato e si inforna a forno caldo a 180 gradi.
Buon appetito! Aggiungi un tuo comment or go to the bottom of the site to read what other visitors have written.
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Buongiorno a tutti. Questa mattina ho comperato un piccolo astice, due bei calamari e un chilo circa di muscoli che inizialmente volevo riempire assieme ai calamari. Successivamente ho aperto un muscolo e mi sono reso conto che il mollusco al suo interno era molto piccolo ed ho cambiato idea sul suo uso.
Ho pulito bene e spellato i calamari ed ho pulito i muscoli con attenzione, li ho fatti aprire con un goccio di acqua e li ho messi da parte e filtrato il loro liquido.
Per prima cosa ho preparato l’astice, l’ho lavato bene sotto l’acqua fredda, tagliato in due per lungo e messo in padella con un poco di olio ed uno spicchio d’aglio. Una volta preso calore e mentre iniziava a diventare rosso, ho aggiunto un po’ di rum e ho lasciato cuocere per ancora un paio di minuti. Poi ho preso uno dei due ciuffi e le alette dei calamari, li ho tagliati a pezzetti e messi a cuocere in poco olio, una volta scaldati li ho bagnati con un po’ di vino bianco e lasciati cuocere per alcuni minuti. Un volta raffreddato ho pulito l’astice da tutto il suo carapace lasciando la polpa alla quale ho poi aggiunto i pezzetti di calamaro cotti. Ho lasciato tutto da parte per il risotto.
Per il ripieno del calamaro ho fatto bollire alcune foglie di lattuga, che ho tritato grossolanamente aggiungendo poi in un contenitore un uovo intero, un po’ di grana grattugiato, un poco di mollica di pane bagnata nel latte e poi strizzata, il resto dei tentacoli e alette dei calamari tagliati fini, sale e pepe.
Con questo ripieno ho farcito attentamente i calamari, li ho chiusi con uno stuzzicadenti ed ho fatto sopra di essi alcuni buchini perché, durante la cottura, potesse evaporare l’umidità contenuta nel ripieno e nei pezzetti di calamaro.
Ho poi messo in una padella i calamari, con poco olio, uno spicchio d’aglio ed ho fatto prendere loro calore. Li ho poi bagnati con vino bianco e, una volta evaporato ho aggiunto buona parte del liquido di cottura (filtrato) dei muscoli, poca passata di pomodoro e ho fatto cuocere lentamente a pentola chiusa per un’oretta. Cinque minuti prima di spegnere il fuoco, ho aggiunto i muscoli sgusciati.
Per il risotto ho fatto come al solito: fatto scaldare il riso arborio in una casseruola con olio e poca cipolla tritata, ho bagnato con poco vino ed ho aggiunto l’astice e i pezzetti di calamaro che ho fatto prima scaldare. Ho ancora aggiunto poca passata di pomodoro ed ho coperto il tutto con il liquido di cottura dei muscoli ed un poco di acqua. Ho fatto cuocere lentamente il risotto per una ventina di minuti aggiungendo acqua calda se asciugava troppo e alla fine l’ho mantecato con poco olio d’oliva. Una volta nel piatto di portata ho aggiunto prezzemolo tritato ed ho servito.
Il tutto è stato apprezzato come spero siano apprezzate le foto dei piatti scattate dal fotografo di casa, Luca:
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Navone cabbage and how to prepare it, the recipe. The other day my friend Giulio, an expert horticulturist and attentive connoisseur of products from our Ligurian land, gave me a Navone cabbage, a large tuber of the cabbage family whose large root is eaten. This vegetable should not be confused with kohlrabi or celeriac or Verona celery. It resembles the latter even if it is more elongated but it is something else. Honestly I have seen many types of roots and tubers all over the world but I don't remember ever having seen a Navone cabbage before. My friend told me that this root has a sweetish taste and before trying to cook it, I boiled a slice and tasted it. Cooked, it is very white in color, compact, with a delicate and slightly sweetish taste.
I sliced this root into slices about half a centimeter thick and boiled them in hot salted water for a few minutes.
Then I prepared a light and rather liquid béchamel and placed a layer of slices of turnip on the bottom of a baking pan, greased with olive oil, I covered them with a little of this béchamel and a light sprinkling of grated parmesan. I made a second layer and added, after the béchamel and the parmesan, a further sprinkling of grated bread. Finally I added a little olive oil and baked at 180° for about twenty minutes. This is an excellent side dish but with the addition of a little mozzarella in cubes on top of each layer, it can become an excellent single dish and a way to revalue ancient, simple and genuine products.
Have you ever heard of it? Add your own comment or go to the bottom of the site to read what other visitors have written.
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Carbonara leggera di carciofi, profumata con curcuma. Questa mattina mi è venuta voglia di mangiare una carbonara… ma sono a dieta e così ne ho preparato una dietetica che volendo puó diventare un piatto unico per tutta la famiglia.
Ingredienti per 4 persone: – 3 bei carciofi teneri, sbollentati e saltati in padella con 30 grammi d’olio extra vergine con 1 spicchio d’aglio; – per la salsa: 3 uova (due intere ed un rosso), due cucchiai di latte, due cucchiai di grana grattugiato, curcuma, sale e pepe.
Ho pulito 3 bei carciofi, gambi compresi e li ho lasciati a bagno per qualche minuto in acqua fredda con limone. Poi li ho messi a cuocere in acqua bollente, salata e sempre con aggiunta di succo di limone. Una volta cotti li ho lasciati a raffreddare. Ho poi preparato la base della carbonara sbattendo due uova intere ed un rosso, poco latte, un paio di cucchiai di formaggio grana grattugiato ed ho aggiunto una bella spolverata di curcuma macinata.
Ho messo a bollire 300 grammi di penne integrali in acqua salata e a parte ho fatto saltare a fuoco vivo i carciofi, affettati abbastanza fini, con poco olio extra vergine, uno spicchio d’aglio schiacciato e poco sale grosso, facendoli insaporire per bene e aggiungendo acqua se necessario. Una volta cotta la pasta la ho saltata con i carciofi facendola insaporire per bene. Alla fine, spento il fuoco, ho messo nella padella la base fatta con le uova e gli altri ingredienti che avevo preparato in precedenza, mescolando bene e servendo la carbonara con una leggera macinata di pepe nero.
The real Pasqualina cake of my house, the recipe. The Pasqualina cake is a typical Ligurian dish that we make quite often in my house and that my wife Emmi makes perfectly, perhaps not following the recipe perfectly but in a way that we (and our guests) like very much. It is a vegetarian dish that was once made for Good Friday, which was eaten that day because it was vegetarian but which could be taken on a trip to the countryside or to the seaside that, weather permitting, was done on Easter Monday. Nowadays this cake is rightfully part of the great series of Ligurian cakes that are made and eaten throughout the year.
I also have a wonderful memory of this dish from many years ago: the Pasqualina cake from Marcenaro's shop, but regarding the specialties of this great shop, so many memories are coming to mind that it would be better if I talked about it on another occasion... but I promise I will.
Unfortunately I have never seen Mr. Marcenaro prepare the Easter cake so you will have to settle for reading how we make it at home.
First of all, we need to talk about the puff pastry: once it was said that the layers of the puff pastry should be 33, like the years of Christ, but we do something much simpler, using a dough made with flour, a little olive oil, water, a pinch of brewer's yeast (dissolved in water) and a pinch of salt. To do it even faster, you can also use a puff pastry from the supermarket, but it is better to choose one of the best quality. At home, however, we make the dough ourselves first and let it rest for the entire time dedicated to preparing the dough.
The ingredients are always the same but it is important that the vegetables are very fresh and always in season. Swiss chard is available all year round but during the Easter period it would be a shame not to use, in addition to Swiss chard, artichokes and, if possible, borage.
After boiling the vegetables separately, we cut them quite finely and the artichokes more coarsely, then sauté everything in olive oil with sage and a clove of garlic. Afterwards, once the vegetables have cooled, we mix them with ricotta, beaten eggs, and grated parmesan cheese. We check that the mixture is salty and add a pinch of pepper.
We then roll out the pastry on an oiled baking pan, cover with our dough (depending on the quantity the cake will become higher, preferably at least three centimeters), make some small depressions in each of which we break an egg, being careful not to break the yolk ... the idea would be that each nice slice also corresponds to an egg. We cover with at least two or three more layers of pastry, as thin as possible.
Once the cake is closed, we will make a small braid of rolled dough around it and finally brush everything with beaten egg slightly diluted with water. A classy touch would be to put a straw in a little hole under the topmost sheet of pastry and blow delicately so that this sheet of pastry swells and gives a more important appearance to the cake. We will then cook everything at 180° until the Pasqualina takes on a nice amber color.
Il baccalà alla Gomes de Sa, la ricetta. Quando parlo di Baccalà mi viene da pensare a molti anni fa, quando le navi facevano gli ultimi viaggi di linea verso il Sud America. Era un altro mondo, le navi alternavano periodi di crociere a quelli che purtroppo sarebbero rimasti gli ultimi viaggi di linea. Gli ultimi viaggi per quelli che erano gli ultimi emigranti classici, persone povere che lasciavano tutto quel poco che avevano per raggiungere il miraggio di una terra lontana, ricca e che offriva ancora opportunità. Oltre ai piccoli gruppi di emigranti italiani e spagnoli, ai pochi centro-europei, che andavano per la maggior parte a ricongiungersi alle famiglie, i portoghesi erano la stragrande maggioranza. Verso i primi anni ’70 stavano ormai tramontando i miraggi di Brasile e Argentina e il flusso emigratorio si rivolgeva verso il Venezuela, terra ricchissima, dove le monete di metallo erano ancora tutte d’argento… Intere famiglie imbarcavano a Funchal, nell’isola di Madera, allora molto povera ma molto più bella e vera di oggi. L’isola perdeva migliaia di poveri braccianti, pescatori, uomini senza cultura ma che trasudavano forza, volontà ferrea e grande rispetto verso gli altri. Tra parentesi non molti anni più tardi, gran parte di questi emigranti ritornava a casa con soldi, cultura e mantenendo la stessa ferrea forza di volontà che re-investivano nella loro isola, collaborando così alla sua rinascita.
Questo lungo preambolo per ricordare che a quei tempi, per legge di emigrazione, sulle navi era obbligatorio avere, oltre al personale italiano, un certo numero di cuochi, camerieri, un medico ed un commissario governativo delle varie nazionalità degli emigranti che dovevano accudirli a seconda delle loro necessità. Mentre i medici e il commissario governativo facevano la bella vita a bordo, i cuochi e i camerieri erano molto impegnati alla preparazione di piatti che potessero venire incontro alle abitudini degli emigranti. Io, incuriosito da ciò che veniva cucinato da questi cuochi, quando avevo il tempo e la possibilità, andavo in cucina a vedere come questi piatti venissero eseguiti. Uno dei prodotti classici usati nella cucina portoghese, che fa parte della sua vasta tradizione è il baccalà e con questo pesce vengono preparati moltissimi piatti che fanno parte della grande ed eccellente cucina di questa meravigliosa terra. Il portogallo ha una cucina straordinaria: olii, vini, formaggi, distillati e prodotti alimentari straordinari che purtroppo non hanno la risonanza di quelli italiani, francesi e spagnoli ai quali non hanno nulla da invidiare. Tornando al baccalà, cioè al merluzzo salato, i portoghesi non dipendono dalla Norvegia come tutti gli altri paesi ma hanno una grande tradizione con pescherecci che vanno a pescare questi straordinari pesci direttamente nei grandi banchi del nord e che poi salano direttamente a bordo. Purtroppo non riesco a non divagare e potrei continuare a parlare della cucina portoghese per chissà quanto ma adesso voglio tornare a questa classica preparazione del “Baccalà alla Gomes de Sa” semplificandola un po’, come piace fare a me.
La ricetta
Ingredienti per 4 persone:
un bel filetto di baccalà bagnato, quattro patate grandi, due cipolle, un panino secco, due uova bollite, prezzemolo tritato, olive nere e olio d’oliva.
Prima di tutto ho lasciato il baccalà a bagno dalla sera prima cambiando l’acqua diverse volte per togliere più sale possibile. Al mattino ho tagliato a fette di circa 1 cm. alcune patate che ho messo a bollire in acqua non salata. Una volta che le patate hanno quasi raggiunto la cottura le ho tolte dall’acqua ed messo la stessa acqua bollente in un piatto dove avevo messo il baccalà lasciandovelo per alcuni minuti per sbollentarlo ma senza farlo cuocere.
Ho tagliato la cipolla a fette sottili e le ho fatte soffriggere a fuoco basso. Ho infine preparato la pirofila da forno bagnandola con poco olio, mettendo sul fondo uno strato di patate lasciandone da parte alcune fette ed ho adagiato poi sopra il baccalà rotto a pezzetti e la cipolla soffritta e stufata. Ho bagnato con un filo d’olio. Poi ho tritato grossolanamente un poco le patate rimanenti, sminuzzato il pane secco e l’uovo sodo ed ho mescolato questi ingredienti aggiungendo il prezzemolo tritato, le olive nere ed ancora un po’ d’olio.
Ho coperto la pirofila con questa panatura e la ho messa nel forno caldo a 180 gradi per 20 minuti mettendo il grill per gli ultimi cinque.
Ed ecco il piatto finito, buon appetito!
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Stockfish has a long history and now is not the time to tell you about it because over the years it has become a novel… I have been to the Lofoten Islands in Norway many times and have visited many places where cod is produced and stored, which then becomes stockfish. Here in the first hinterland, we have many trattorias that prepare boiled stockfish on Fridays and the customers are always very numerous. It must be said that preparing boiled stockfish is very easy but one of the reasons why many women do not like to cook it at home is due to the bad smell that comes from cooking and that then spreads throughout the house. I use a very simple system to not have bad smells in the house and I want to tell you how I do it.
First of all, the night before, I soak a couple of handfuls of beans in cold water and boil them the next morning together with the potatoes with their skins: I calculate a nice potato and a half per person. Then I steam the stockfish in the pressure cooker. I put two or three fingers of water on the bottom of the pot to which I add salt, some bay leaves and a celery stalk. At this point I put the stockfish in a special cage that fits into the pot without the fish touching the water and I add a whole onion from which I have removed the peel. If the stockfish I bought is wet, very wet, I cook it calculating 10 minutes after the first whistle of the pot that indicates that the internal pressure is optimal. After waiting these 10 minutes, I remove the pot from the heat and take it into the garden (or onto the terrace) to let all the steam out of the house and without the bad smell spreading throughout the house. Once I return home I clean the stockfish, peel the potatoes and add the beans. Before seasoning everything with Ligurian extra virgin olive oil, I add my sauce that I prepared during the 10 minutes of cooking the fish.
Stockfish sauce:
In a mortar and pestle (you can also use an immersion blender), crush a few pine nuts, a clove of garlic without the core and a couple of anchovy fillets.
I'll tell you some funny anecdotes on another occasion.
I attach a photo (taken by me) of a house in Lofoten with stockfish drying.
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La trippa. Come molti piatti poveri la trippa viene consumata in tutto il mondo e ogni paese ha molteplici ricette per la sua preparazione. Quando ho potuto farlo ho assaggiato la trippa in tutti i paesi che ho visitato, e sono molti, ma credo che il modo più strano che mi sia capitato sia stato a Hong Kong. Durante il periodo di circa nove mesi che ho avuto la fortuna di trascorrere su di un nave che operava nell’estremo oriente, quando ne ho avuto la possibilità, ho provato i piatti locali, specialmente quelli di Hong Kong dove i ristoranti che servono piatti tipici velocissimi a prezzi molto contenuti sono innumerevoli. Ho iniziato ad apprezzare la cucina orientale sulla nave, assaggiando i piatti della cucina per l’Equipaggio dove ci sono cuochi in grado di soddisfare le esigenze alimentari dei differenti gruppi etnici, religiosi e culturali dei vari componenti del personale. Queste mie curiosità hanno avuto una grande risposta quando ho conosciuto su di una nave un grande Chef cinese che alternava la preparazione di ottimi piatti cinesi alla classica offerta della cucina tipica italiana fatta da un altro ottimo Chef italiano. A Hong Kong, come in quasi tutta l’Asia, si può mangiare qualunque cosa in qualsiasi momento ed io approfittavo di ogni mezz’ora per poter uscire ad assaggiare qualche piatto. Naturalmente non uscivo da solo ma con un mio collega cinese che mi guidava nella scelta dei piatti dopo avermene descritto la composizione e, tornando alla trippa, che viene consumata in abbondanza anche nella cucina cinese, venni incuriosito da una zuppa di verdure varie con i classici “noodles” di riso, arricchiti da abbondanti pezzi di trippa caramellati. Questa trippa era così buona che chiedevo che nella tazza ne mettessero doppia porzione…
Come in tutte le regioni d’Italia anche in Liguria la trippa fa parte della cucina povera ed in casa nostra, a parte mio figlio, la consumiamo tutti con piacere. Devo dire che la trippa, sia che sia alla parmigiana, alla milanese, alla toscana, eccetera, viene fondamentalmente preparata alla stessa maniera e pertanto vi descriverò come la prepariamo in casa mia.
Prima di tutto mi procuro la trippa della migliore qualità possibile da un macellaio di fiducia o, meglio, da una tripperia di Chiavari l’unica rimasta e che ha una tradizione molto antica. Per quattro persone mi faccio preparare circa un chilo di trippa mista… lo so che è molta ma bisogna ricordare che la trippa che si compera ha già subito una pre-cottura anche se breve e che contiene molta acqua.
Faccio poi un fondo abbastanza grossolano con cipolla, sedano, carota e uno spicchio d’aglio, metto ad ammollare pochi fungi secchi e preparo a parte quattro belle patate, un poco di concentrato di pomodoro, qualche oliva taggiasca, una manciatina di pinoli. Su di un fornello metto a scaldare un po’ di brodo di carne (o lo faccio direttamente con un po’ di verdura).
Dopo aver fatto soffriggere dolcemente il fondo nell’olio extra vergine (non molto) aggiungo le trippe tagliate molto fini, salo leggermente e lascio che fuori esca tutta l’acqua in esse contenuta. Dopo questa operazione vi renderete conto che, in fondo, il chilo di trippa si sarà molto ridotto… ma non vi preoccupate perché andranno ancora aggiunte le patate…
Una volta che la trippa si sarà ben insaporita la bagno con poco vino bianco e lo lascio evaporare. Aggiungo poi un po’ di brodo caldo, il concentrato di pomodoro, i funghi secchi ammollati e tritati, le olive, i pinoli e le patate tagliate a cubi grossolani. Lascio cuocere a fuoco moderato controllando la cottura e aggiungendo brodo se necessario. La trippa sarà pronta quando le patate saranno cotte. Prima di servirla aggiungo un po’ di prezzemolo tritato. A tavola per chi piace, si può aggiungere il formaggio grattugiato.
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