Navone cabbage and how to prepare it, the recipe. The other day my friend Giulio, an expert horticulturist and attentive connoisseur of products from our Ligurian land, gave me a Navone cabbage, a large tuber of the cabbage family whose large root is eaten. This vegetable should not be confused with kohlrabi or celeriac or Verona celery. It resembles the latter even if it is more elongated but it is something else. Honestly I have seen many types of roots and tubers all over the world but I don't remember ever having seen a Navone cabbage before. My friend told me that this root has a sweetish taste and before trying to cook it, I boiled a slice and tasted it. Cooked, it is very white in color, compact, with a delicate and slightly sweetish taste.
I sliced this root into slices about half a centimeter thick and boiled them in hot salted water for a few minutes.
Then I prepared a light and rather liquid béchamel and placed a layer of slices of turnip on the bottom of a baking pan, greased with olive oil, I covered them with a little of this béchamel and a light sprinkling of grated parmesan. I made a second layer and added, after the béchamel and the parmesan, a further sprinkling of grated bread. Finally I added a little olive oil and baked at 180° for about twenty minutes. This is an excellent side dish but with the addition of a little mozzarella in cubes on top of each layer, it can become an excellent single dish and a way to revalue ancient, simple and genuine products.
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Carbonara leggera di carciofi, profumata con curcuma. Questa mattina mi è venuta voglia di mangiare una carbonara… ma sono a dieta e così ne ho preparato una dietetica che volendo puó diventare un piatto unico per tutta la famiglia.
Ingredienti per 4 persone: – 3 bei carciofi teneri, sbollentati e saltati in padella con 30 grammi d’olio extra vergine con 1 spicchio d’aglio; – per la salsa: 3 uova (due intere ed un rosso), due cucchiai di latte, due cucchiai di grana grattugiato, curcuma, sale e pepe.
Ho pulito 3 bei carciofi, gambi compresi e li ho lasciati a bagno per qualche minuto in acqua fredda con limone. Poi li ho messi a cuocere in acqua bollente, salata e sempre con aggiunta di succo di limone. Una volta cotti li ho lasciati a raffreddare. Ho poi preparato la base della carbonara sbattendo due uova intere ed un rosso, poco latte, un paio di cucchiai di formaggio grana grattugiato ed ho aggiunto una bella spolverata di curcuma macinata.
Ho messo a bollire 300 grammi di penne integrali in acqua salata e a parte ho fatto saltare a fuoco vivo i carciofi, affettati abbastanza fini, con poco olio extra vergine, uno spicchio d’aglio schiacciato e poco sale grosso, facendoli insaporire per bene e aggiungendo acqua se necessario. Una volta cotta la pasta la ho saltata con i carciofi facendola insaporire per bene. Alla fine, spento il fuoco, ho messo nella padella la base fatta con le uova e gli altri ingredienti che avevo preparato in precedenza, mescolando bene e servendo la carbonara con una leggera macinata di pepe nero.
Il baccalà alla Gomes de Sa, la ricetta. Quando parlo di Baccalà mi viene da pensare a molti anni fa, quando le navi facevano gli ultimi viaggi di linea verso il Sud America. Era un altro mondo, le navi alternavano periodi di crociere a quelli che purtroppo sarebbero rimasti gli ultimi viaggi di linea. Gli ultimi viaggi per quelli che erano gli ultimi emigranti classici, persone povere che lasciavano tutto quel poco che avevano per raggiungere il miraggio di una terra lontana, ricca e che offriva ancora opportunità. Oltre ai piccoli gruppi di emigranti italiani e spagnoli, ai pochi centro-europei, che andavano per la maggior parte a ricongiungersi alle famiglie, i portoghesi erano la stragrande maggioranza. Verso i primi anni ’70 stavano ormai tramontando i miraggi di Brasile e Argentina e il flusso emigratorio si rivolgeva verso il Venezuela, terra ricchissima, dove le monete di metallo erano ancora tutte d’argento… Intere famiglie imbarcavano a Funchal, nell’isola di Madera, allora molto povera ma molto più bella e vera di oggi. L’isola perdeva migliaia di poveri braccianti, pescatori, uomini senza cultura ma che trasudavano forza, volontà ferrea e grande rispetto verso gli altri. Tra parentesi non molti anni più tardi, gran parte di questi emigranti ritornava a casa con soldi, cultura e mantenendo la stessa ferrea forza di volontà che re-investivano nella loro isola, collaborando così alla sua rinascita.
Questo lungo preambolo per ricordare che a quei tempi, per legge di emigrazione, sulle navi era obbligatorio avere, oltre al personale italiano, un certo numero di cuochi, camerieri, un medico ed un commissario governativo delle varie nazionalità degli emigranti che dovevano accudirli a seconda delle loro necessità. Mentre i medici e il commissario governativo facevano la bella vita a bordo, i cuochi e i camerieri erano molto impegnati alla preparazione di piatti che potessero venire incontro alle abitudini degli emigranti. Io, incuriosito da ciò che veniva cucinato da questi cuochi, quando avevo il tempo e la possibilità, andavo in cucina a vedere come questi piatti venissero eseguiti. Uno dei prodotti classici usati nella cucina portoghese, che fa parte della sua vasta tradizione è il baccalà e con questo pesce vengono preparati moltissimi piatti che fanno parte della grande ed eccellente cucina di questa meravigliosa terra. Il portogallo ha una cucina straordinaria: olii, vini, formaggi, distillati e prodotti alimentari straordinari che purtroppo non hanno la risonanza di quelli italiani, francesi e spagnoli ai quali non hanno nulla da invidiare. Tornando al baccalà, cioè al merluzzo salato, i portoghesi non dipendono dalla Norvegia come tutti gli altri paesi ma hanno una grande tradizione con pescherecci che vanno a pescare questi straordinari pesci direttamente nei grandi banchi del nord e che poi salano direttamente a bordo. Purtroppo non riesco a non divagare e potrei continuare a parlare della cucina portoghese per chissà quanto ma adesso voglio tornare a questa classica preparazione del “Baccalà alla Gomes de Sa” semplificandola un po’, come piace fare a me.
La ricetta
Ingredienti per 4 persone:
un bel filetto di baccalà bagnato, quattro patate grandi, due cipolle, un panino secco, due uova bollite, prezzemolo tritato, olive nere e olio d’oliva.
Prima di tutto ho lasciato il baccalà a bagno dalla sera prima cambiando l’acqua diverse volte per togliere più sale possibile. Al mattino ho tagliato a fette di circa 1 cm. alcune patate che ho messo a bollire in acqua non salata. Una volta che le patate hanno quasi raggiunto la cottura le ho tolte dall’acqua ed messo la stessa acqua bollente in un piatto dove avevo messo il baccalà lasciandovelo per alcuni minuti per sbollentarlo ma senza farlo cuocere.
Ho tagliato la cipolla a fette sottili e le ho fatte soffriggere a fuoco basso. Ho infine preparato la pirofila da forno bagnandola con poco olio, mettendo sul fondo uno strato di patate lasciandone da parte alcune fette ed ho adagiato poi sopra il baccalà rotto a pezzetti e la cipolla soffritta e stufata. Ho bagnato con un filo d’olio. Poi ho tritato grossolanamente un poco le patate rimanenti, sminuzzato il pane secco e l’uovo sodo ed ho mescolato questi ingredienti aggiungendo il prezzemolo tritato, le olive nere ed ancora un po’ d’olio.
Ho coperto la pirofila con questa panatura e la ho messa nel forno caldo a 180 gradi per 20 minuti mettendo il grill per gli ultimi cinque.
Ed ecco il piatto finito, buon appetito!
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Stockfish has a long history and now is not the time to tell you about it because over the years it has become a novel… I have been to the Lofoten Islands in Norway many times and have visited many places where cod is produced and stored, which then becomes stockfish. Here in the first hinterland, we have many trattorias that prepare boiled stockfish on Fridays and the customers are always very numerous. It must be said that preparing boiled stockfish is very easy but one of the reasons why many women do not like to cook it at home is due to the bad smell that comes from cooking and that then spreads throughout the house. I use a very simple system to not have bad smells in the house and I want to tell you how I do it.
First of all, the night before, I soak a couple of handfuls of beans in cold water and boil them the next morning together with the potatoes with their skins: I calculate a nice potato and a half per person. Then I steam the stockfish in the pressure cooker. I put two or three fingers of water on the bottom of the pot to which I add salt, some bay leaves and a celery stalk. At this point I put the stockfish in a special cage that fits into the pot without the fish touching the water and I add a whole onion from which I have removed the peel. If the stockfish I bought is wet, very wet, I cook it calculating 10 minutes after the first whistle of the pot that indicates that the internal pressure is optimal. After waiting these 10 minutes, I remove the pot from the heat and take it into the garden (or onto the terrace) to let all the steam out of the house and without the bad smell spreading throughout the house. Once I return home I clean the stockfish, peel the potatoes and add the beans. Before seasoning everything with Ligurian extra virgin olive oil, I add my sauce that I prepared during the 10 minutes of cooking the fish.
Stockfish sauce:
In a mortar and pestle (you can also use an immersion blender), crush a few pine nuts, a clove of garlic without the core and a couple of anchovy fillets.
I'll tell you some funny anecdotes on another occasion.
I attach a photo (taken by me) of a house in Lofoten with stockfish drying.
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La trippa. Come molti piatti poveri la trippa viene consumata in tutto il mondo e ogni paese ha molteplici ricette per la sua preparazione. Quando ho potuto farlo ho assaggiato la trippa in tutti i paesi che ho visitato, e sono molti, ma credo che il modo più strano che mi sia capitato sia stato a Hong Kong. Durante il periodo di circa nove mesi che ho avuto la fortuna di trascorrere su di un nave che operava nell’estremo oriente, quando ne ho avuto la possibilità, ho provato i piatti locali, specialmente quelli di Hong Kong dove i ristoranti che servono piatti tipici velocissimi a prezzi molto contenuti sono innumerevoli. Ho iniziato ad apprezzare la cucina orientale sulla nave, assaggiando i piatti della cucina per l’Equipaggio dove ci sono cuochi in grado di soddisfare le esigenze alimentari dei differenti gruppi etnici, religiosi e culturali dei vari componenti del personale. Queste mie curiosità hanno avuto una grande risposta quando ho conosciuto su di una nave un grande Chef cinese che alternava la preparazione di ottimi piatti cinesi alla classica offerta della cucina tipica italiana fatta da un altro ottimo Chef italiano. A Hong Kong, come in quasi tutta l’Asia, si può mangiare qualunque cosa in qualsiasi momento ed io approfittavo di ogni mezz’ora per poter uscire ad assaggiare qualche piatto. Naturalmente non uscivo da solo ma con un mio collega cinese che mi guidava nella scelta dei piatti dopo avermene descritto la composizione e, tornando alla trippa, che viene consumata in abbondanza anche nella cucina cinese, venni incuriosito da una zuppa di verdure varie con i classici “noodles” di riso, arricchiti da abbondanti pezzi di trippa caramellati. Questa trippa era così buona che chiedevo che nella tazza ne mettessero doppia porzione…
Come in tutte le regioni d’Italia anche in Liguria la trippa fa parte della cucina povera ed in casa nostra, a parte mio figlio, la consumiamo tutti con piacere. Devo dire che la trippa, sia che sia alla parmigiana, alla milanese, alla toscana, eccetera, viene fondamentalmente preparata alla stessa maniera e pertanto vi descriverò come la prepariamo in casa mia.
Prima di tutto mi procuro la trippa della migliore qualità possibile da un macellaio di fiducia o, meglio, da una tripperia di Chiavari l’unica rimasta e che ha una tradizione molto antica. Per quattro persone mi faccio preparare circa un chilo di trippa mista… lo so che è molta ma bisogna ricordare che la trippa che si compera ha già subito una pre-cottura anche se breve e che contiene molta acqua.
Faccio poi un fondo abbastanza grossolano con cipolla, sedano, carota e uno spicchio d’aglio, metto ad ammollare pochi fungi secchi e preparo a parte quattro belle patate, un poco di concentrato di pomodoro, qualche oliva taggiasca, una manciatina di pinoli. Su di un fornello metto a scaldare un po’ di brodo di carne (o lo faccio direttamente con un po’ di verdura).
Dopo aver fatto soffriggere dolcemente il fondo nell’olio extra vergine (non molto) aggiungo le trippe tagliate molto fini, salo leggermente e lascio che fuori esca tutta l’acqua in esse contenuta. Dopo questa operazione vi renderete conto che, in fondo, il chilo di trippa si sarà molto ridotto… ma non vi preoccupate perché andranno ancora aggiunte le patate…
Una volta che la trippa si sarà ben insaporita la bagno con poco vino bianco e lo lascio evaporare. Aggiungo poi un po’ di brodo caldo, il concentrato di pomodoro, i funghi secchi ammollati e tritati, le olive, i pinoli e le patate tagliate a cubi grossolani. Lascio cuocere a fuoco moderato controllando la cottura e aggiungendo brodo se necessario. La trippa sarà pronta quando le patate saranno cotte. Prima di servirla aggiungo un po’ di prezzemolo tritato. A tavola per chi piace, si può aggiungere il formaggio grattugiato.
La foto è stata presa dal sito Pixabay che offre immagini gratis online.
Wild boar ragù my way. This year wild boar hunting has been very abundant and hundreds of these animals have been killed. So it happened that a friend, with his fridge now very full, gave me a nice piece of fresh meat from this animal. I love the red meat of this animal but I don't like the wild flavour that often accompanies it once cooked. Therefore, contrary to what is usually done, after cutting the meat into cubes I marinated it overnight in plenty of white wine, without adding spices or aromatic herbs. In the morning I drained the wine completely in the sink and let the meat rest outside the fridge for an hour. In the meantime I prepared a mixture of onion, aromatic herbs and a little garlic and I soaked some pieces of dried mushrooms. I then floured the meat and fried it in a pan with a little extra virgin olive oil to allow it to expel all the water it contains. When the meat was well browned and dry, I removed it from the pan and put it in a large saucepan where I sautéed the onion, herbs and chopped dried mushrooms in plenty of extra virgin olive oil. Then I moistened everything with more white wine and, once evaporated, I added the tomato puree and left to cook for at least an hour on low heat. When the meat was cooked enough and became nice and tender, I finely chopped about half of it and added it to the sauce, cooking until everything was well blended.
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Tagliatelle with mushroom sauce. One of the tastiest and simplest sauces there is: mushroom sauce, this time seasoning a nice plate of tagliatelle.
This is the recipe and Loris' anecdotes:
Dried mushroom sauce.
This sauce, very different from the one made with fresh mushrooms, is part of the inland tradition. Nowadays you can see tagliatelle with porcini mushrooms on the menus of certain restaurants but, at least in the hinterland of the Riviera di Levante, these are the excellent tagliatelle with dried mushrooms that are part of the old tradition of these parts and are made with the addition of tomato sauce. Therefore, apart from being in mushroom season, if this dish is served without tomato, the mushrooms used are certainly frozen, perhaps with the addition of a few pieces of dried ones to give them a little more aroma. Years ago I had a friend from Santo Stefano d'Aveto, now deceased, who was a great trader of dried mushrooms and it is difficult to imagine what a large market there is behind this product... I remember that this friend had a refrigerated warehouse where he kept tons of dried mushrooms that came from all over Europe and that he also kept for many months to sell them when the season and the prices were more favorable. Now many anecdotes related to mushrooms come to mind but I don't want to bore you with these memories of mine. A particular memory is from many years ago when I was in Sicily doing my military service and I had a Calabrian comrade whose family traded in fresh mushrooms. Once, during a short leave, I went with him to his village, Stilo, at a warehouse of his family there were tons of fresh mushrooms that were brought by the locals. The mushrooms were divided by size, quality, type and then treated by wise women who prepared them to be taken to the city and sent to the markets, others were prepared to be put in oil and others were dried. Evidently, in the early seventies, there was not yet the possibility and culture of freezing.
Here, in many restaurants in the first hinterland, excellent dishes of tagliatelle with dried mushrooms (with tomato) are served, as an alternative to the traditional dishes of ravioli with Genoese ragù or pansotti with walnut sauce.
The recipe for making the sauce with dried mushrooms is very simple. First of all you need good quality mushrooms and it is not essential to choose the most expensive ones but the most fragrant ones. I leave the dried mushrooms to soak for a short time in cold water, which I change after a couple of minutes to eliminate any residue of soil and leaves and replace it with more cold water. Separately I fry in the right amount of extra virgin olive oil a little finely chopped onion, a head of garlic, a lightly chopped rosemary and a couple of bay leaves. I then add the mushrooms soaked in the water and chopped to the soffritto. As soon as the mushrooms have warmed up I bathe them lightly with a little white wine, add the right amount of pureed tomatoes and a little salt. When the sauce begins to brown (it is not a long cooking time) I add, if necessary, a little of the second water in which I soaked the dried mushrooms. At the end, I measure and adjust the salt and add a very finely chopped parsley.
I also like to add a little hot chili pepper to the soffritto.
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