Il sanguinaccio o berodo, la ricetta

Il sanguinaccio o berodo

Il sanguinaccio o berodo.
Il sanguinaccio, che è chiamato in molti modi (qui da noi in Liguria appunto berodo) e preparato in altrettante maniere, è una preparazione che, per quanto sappia io, viene fatta in tutto il mondo non mussulmano: non è altro che un modo per recuperare il sangue del maiale, preziosa fonte di proteine, grassi e altri ingredienti…
Io ho sempre assaggiato questo prodotto, quando lo ho trovato, e ne ho trovato di ottimi sia che fossero fatti con il cioccolato amaro e sia messi in piccoli budelli e mescolati con peperoncino in Messico.
Comunque, quando si compera un sanguinaccio, questo è in realtà già stato preparato dal macellaio e poi sottoposto ad una prima bollitura.
Il sangue fresco deve subito essere mescolato con latte e bisogna continuare a mescolare per evitarne la coagulazione. A questo punto l’ulteriore procedimento di preparazione dipende dalle abitudini, culture e tradizioni dei luoghi e paesi.
Io, anni or sono, ho visto preparare i sanguinacci da Lindo, un norcino locale che veniva chiamato dalle famiglie che, spesso con sacrificio, allevavano e poi macellavano un maiale. Per me, però, il maestro assoluto delle preparazioni dei salumi e sanguinacci era il sig. Lino Marcenaro e i suoi due assistenti: Franco e Carlo che poi è diventato un grande viaggiatore di paesi esotici e che è uno dei miei più vecchi e cari amici.
Il sangue, ancora fresco viene mescolato con latte fresco, continuando a mescolare con spezie, sale e pinoli, che devono essere abbondanti anche se cari; naturalmente non so le dosi che devono essere segrete. I sanguinacci, appena chiusi con la stessa tecnica usata per le salsicce, devono essere messi a bollire per avere così la prima cottura. E’ così che li troviamo dal macellaio.
In casa nostra li cuciniamo semplicemente bolliti per alcuni minuti ma decorati mescolando alcuni contorni della cucina svizzera: patate sabbiose (tagliate a spicchi, scottate in acqua e poi saltate al burro e pangrattato), fettine di mele renette (sbucciate, tagliate a spicchi e poi cotte lentamente in acqua leggermente acidulata con limone e spolverate di cannella) e infine con verza saltata (tagliata non troppo finemente e cotta con poco olio, sale e spruzzata con vino bianco e, alla fine, con un goccio d’aceto).
Buon appetito!

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Il sanguinaccio o berodo

Foto scattata con Honor 10.

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Prepariamo una pizza a casa

preparazione pizza

Prepariamo una pizza a casa.
Appena prima di preparare una pizza in casa ecco gli strumenti del mestiere: un paio di pomodori, il matterello e la farina. Manca la pasta per la pizza che era ancora a riposare.

Prepariamo una pizza

Foto scattata con macchina Canon 600D e lente Canon EF 40.

Per la pizza finita vi invito a vedere le foto che ho in diversi post.

La pizza è un prodotto gastronomico salato che consiste in un impasto a base di farina, acqua e lievito che viene spianato e condito tipicamente con pomodoro, mozzarella e altri ingredienti e cotto in un forno a legna. Originario della cucina napoletana, è oggi, insieme alla pasta, l’alimento italiano più conosciuto all’estero.
Col nome pizza, praticamente ignoto al di là della cinta urbana napoletana, ancora nel XVIII secolo, si indicavano le torte, quasi sempre dolci. Fu solo a partire dagli inizi del XIX secolo che la pizza assunse, sempre a Napoli, la sua attuale connotazione. Il seguente successo planetario della pietanza ha portato, per estensione, a definire nello stesso modo qualsiasi preparazione analoga.
Continua e approfondisci su Wikipedia.

Il baccalà alla Gomes de Sa, la ricetta

Il baccalà alla Gomes de Sa, la ricetta.
Quando parlo di Baccalà mi viene da pensare a molti anni fa, quando le navi facevano gli ultimi viaggi di linea verso il Sud America. Era un altro mondo, le navi alternavano periodi di crociere a quelli che purtroppo sarebbero rimasti gli ultimi viaggi di linea. Gli ultimi viaggi per quelli che erano gli ultimi emigranti classici, persone povere che lasciavano tutto quel poco che avevano per raggiungere il miraggio di una terra lontana, ricca e che offriva ancora opportunità. Oltre ai piccoli gruppi di emigranti italiani e spagnoli, ai pochi centro-europei, che andavano per la maggior parte a ricongiungersi alle famiglie, i portoghesi erano la stragrande maggioranza. Verso i primi anni ’70 stavano ormai tramontando i miraggi di Brasile e Argentina e il flusso emigratorio si rivolgeva verso il Venezuela, terra ricchissima, dove le monete di metallo erano ancora tutte d’argento… Intere famiglie imbarcavano a Funchal, nell’isola di Madera, allora molto povera ma molto più bella e vera di oggi. L’isola perdeva migliaia di poveri braccianti, pescatori, uomini senza cultura ma che trasudavano forza, volontà ferrea e grande rispetto verso gli altri. Tra parentesi non molti anni più tardi, gran parte di questi emigranti ritornava a casa con soldi, cultura e mantenendo la stessa ferrea forza di volontà che re-investivano nella loro isola, collaborando così alla sua rinascita.

Questo lungo preambolo per ricordare che a quei tempi, per legge di emigrazione, sulle navi era obbligatorio avere, oltre al personale italiano, un certo numero di cuochi, camerieri, un medico ed un commissario governativo delle varie nazionalità degli emigranti che dovevano accudirli a seconda delle loro necessità. Mentre i medici e il commissario governativo facevano la bella vita a bordo, i cuochi e i camerieri erano molto impegnati alla preparazione di piatti che potessero venire incontro alle abitudini degli emigranti. Io, incuriosito da ciò che veniva cucinato da questi cuochi, quando avevo il tempo e la possibilità, andavo in cucina a vedere come questi piatti venissero eseguiti. Uno dei prodotti classici usati nella cucina portoghese, che fa parte della sua vasta tradizione è il baccalà e con questo pesce vengono preparati moltissimi piatti che fanno parte della grande ed eccellente cucina di questa meravigliosa terra. Il portogallo ha una cucina straordinaria: olii, vini, formaggi, distillati e prodotti alimentari straordinari che purtroppo non hanno la risonanza di quelli italiani, francesi e spagnoli ai quali non hanno nulla da invidiare. Tornando al baccalà, cioè al merluzzo salato, i portoghesi non dipendono dalla Norvegia come tutti gli altri paesi ma hanno una grande tradizione con pescherecci che vanno a pescare questi straordinari pesci direttamente nei grandi banchi del nord e che poi salano direttamente a bordo. Purtroppo non riesco a non divagare e potrei continuare a parlare della cucina portoghese per chissà quanto ma adesso voglio tornare a questa classica preparazione del “Baccalà alla Gomes de Sa” semplificandola un po’, come piace fare a me.

La ricetta

Ingredienti per 4 persone:

un bel filetto di baccalà bagnato, quattro patate grandi, due cipolle, un panino secco, due uova bollite, prezzemolo tritato, olive nere e olio d’oliva.

Prima di tutto ho lasciato il baccalà a bagno dalla sera prima cambiando l’acqua diverse volte per togliere più sale possibile. Al mattino ho tagliato a fette di circa 1 cm. alcune patate che ho messo a bollire in acqua non salata. Una volta che le patate hanno quasi raggiunto la cottura le ho tolte dall’acqua ed messo la stessa acqua bollente in un piatto dove avevo messo il baccalà lasciandovelo per alcuni minuti per sbollentarlo ma senza farlo cuocere.

Ho tagliato la cipolla a fette sottili e le ho fatte soffriggere a fuoco basso. Ho infine preparato la pirofila da forno bagnandola con poco olio, mettendo sul fondo uno strato di patate lasciandone da parte alcune fette ed ho adagiato poi sopra il baccalà rotto a pezzetti e la cipolla soffritta e stufata. Ho bagnato con un filo d’olio. Poi ho tritato grossolanamente un poco le patate rimanenti, sminuzzato il pane secco e l’uovo sodo ed ho mescolato questi ingredienti aggiungendo il prezzemolo tritato, le olive nere ed ancora un po’ d’olio.

Ho coperto la pirofila con questa panatura e la ho messa nel forno caldo a 180 gradi per 20 minuti mettendo il grill per gli ultimi cinque.

Ed ecco il piatto finito, buon appetito!

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Ragù di cinghiale a modo mio, la ricetta

Tagliatelle al sugo di cinghiale

Ragù di cinghiale a modo mio.
Quest’anno la caccia al cinghiale è stata molto abbondante e questi animali sono stati uccisi a centinaia. Così è successo che un amico, con il frigo ormai pienissimo, mi ha regalato un bel pezzo di carne fresca di questo animale.
Io amo la carne rossa di questo animale ma non amo troppo il sapore di selvatico che spesso la accompagna una volta cotta. Pertanto, al contrario di come si fa abitualmente, dopo aver tagliato la carne a cubetti la ho messa a marinare per una notte in abbondante vino bianco, senza aggiungere spezie né erbe aromatiche. Al mattino ho scolato completamente il vino nel lavandino ed ho lasciato riposare la carne fuori dal frigo per un’oretta. Nel frattempo ho preparato un battuto di cipolla, erbe aromatiche e poco aglio d ho messo ad ammollare alcuni pezzi di funghi secchi. Ho poi infarinato la carne e la ho fatta soffriggere in padella con poco olio extra vergine per permetterle di espellere tutta l’acqua che contiene. Quando la carne è diventata ben rosolata ed asciutta, la ho tolta dalla padella e la ho messa in una casseruola capiente dove ho fatto soffriggere con abbondante olio extra vergine la cipolla, gli aromi ed i funghi secchi tritati. Poi ho bagnato il tutto con altro vino bianco e, una volta evaporato, ho aggiunto la passata di pomodoro e lasciato cuocere per almeno un’ora a fuoco basso. Quando la carne è cotta a sufficienza e diventata bella tenera, ne ho tritato finemente una metà circa aggiungendola al sugo facendo ancora cuocere finché il tutto non sarà ben amalgamato.

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tagliatelle al sugo di cinghiale nel piatto

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Acciughe sotto sale, la ricetta

Acciughe sotto sale

Acciughe sotto sale, la ricetta.
Questa mattina ho preparato un piattino di acciughe salate e più avanti vi spiegherò come ho fatto. Mentre pulivo le acciughe che misi sotto sale la scorsa estate mi è venuto in mente l’operazione della salatura che faceva mio nonno materno mentre io, bambino, lo osservavo con attenzione. Questa è una storia un po’ lunga ma se avete voglia di leggerla desidero narrarvela… Bisogna andare molto Indietro negli anni, quando il nonno mi raccontava queste storie. Lui ed i fratelli erano molto giovani e vivevano presso la cascata, a Riva Trigoso, zona ponente. La vita era dura e i cantieri erano ancora agli albori pertanto i mezzi per sopravvivere erano veramente limitati: molti uomini andavano a navigare altri sopravvivevano facendo i contadini/pescatori perché sia la terra che il mare, da soli, non permettevano di sopravvivere e la gente si doveva adattare facendo i due mestieri. Questo è appunto quello che facevano mio nonno ed i suoi fratelli, soprannominati i “buluin”.  D’estate, pertanto, si dedicavano alla pesca delle acciughe che veniva fatta sotto costa, seguendone i banchi verso le cinque terre. La barca era un gozzo a vela latina, la rete si chiamava “manata” e la pesca avveniva piu o meno come oggi ma senza l’aiuto della lampara; prima della partenza le donne preparavano i barilotti di sale ed pescatori seguivano la costa pescando e salando, finché i barilotti non erano pieni di acciughe e si poteva così ritornare a casa. Di notte si fermavano nei porticcioli, mangiando pesce con quel poco che ricevevano scambiando i pesci di maggiore qualità che rimanevano nelle reti con le acciughe con gallette e verdura, mentre il vino e l’olio (e spesso anche le gallette) le portavano da casa. Nacquero così, per necessità, molti piatti che poi divennero tipici della nostra cucina, il più conosciuto dei quali è il “bagnun”. Mi sembra di vederlo mio nonno quando, dopo aver tolto loro la testa, adagiava nell’arbanella di vetro uno strato di acciughe, testa e coda, alle quali alternava un sottile strato di sale grosso. La meticolosità con cui eseguiva questa operazione era la garanzia di uno prodotto finito di qualità. Dopo alcuni mesi le acciughe erano mature per essere consumate.

La preparazione della acciughe cerco di farla come faceva il nonno anche se non sono sicuro se anche lui eseguisse la stessa procedura: prima tolgo con cautela il pesce dall’arbanella. Poi cerco di togliere con calma dalle acciughe più sale possibile e le lavo leggermente con una miscela di aceto appena allungato con acqua aprendole per togliere loro la lisca. Anche questa operazione va fatta con cautela cercando di non rompere il pesce. Alla fine tolgo dai filetti eventuali piccole lische o residui di sale e poi li strizzo per far uscire i residui di aceto e li adagio su di un piatto che ho bagnato con olio d’oliva extra vergine. Spargo poi sui filetti poco aglio tritato ed origano ed infine copro ancora con olio d’oliva. Il piatto è pronto. Buon appetito.

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Acciughe sotto sale

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Gelato in Taiwan

Gelato in Taiwan

Gelato in Taiwan.
Anche il gelato, in taiwan, sembra una cosa seria. In sé, è preparato come da noi, ma spesso non viene mangiato in coni, cialde o coppette… Questo nella foto è uno dei modi più facile da trovare:
su un piano viene disposto un disco sottile di pasta (tipo crepe) su cui si dispone uno strato di nocciole tritate; una pallina o due di gelato e ecco fatto. Si fa una specie di fagotto ed il gelato è pronto.

Gelato in Taiwan

Seppie con piselli a modo mio, la ricetta

Seppie con piselli

Seppie con piselli a modo mio, la ricetta.
Visto che ormai i piselli freschi nostrani si trovano a prezzo abbordabile, questa mattina volevo preparare un piatto ligure tipico di questa stagione: acciughe in umido con piselli. Purtroppo non ho trovato acciughe di mio gradimento ma, in compenso, ho visto sul banco della pescheria alcune seppie, piccole e freschissime ed ho pensato di prepararle in umido al posto delle acciughe. Sinceramente non so se questa ricetta abbia attinenza con la cucina ligure o con quella meridionale che io amo altrettanto ma vi descriverò’  come la ho preparata.
Dopo aver pulito le seppie e conservato un sacchetto di nero, ho fatto un soffritto di cipolla a cui ho aggiunto uno spicchio d’aglio intero ed un pezzetto del mio peperoncino piccante. Ho poi aggiunto le seppie tagliate a listelle e le ho fatte soffriggere a fuoco vivace. Ho bagnato con poco vino bianco e, una volta evaporato, ho aggiunto il pomodoro passato e il sacchetto con il nero. Ho poi aggiunto i piselli che avevo precedentemente fatto cuocere per qualche minuto in acqua bollente ed ho lasciato cuocere aggiungendo, quando necessario, un po’ dell’acqua dei piselli.

Ingredienti per quattro persone

  • Un kilo di seppie fresche con un sacchetto del loro nero
  • 750 grammi di pomodori maturi, che ho fatto cuocere in una pentola senza acqua per farne uscire l’acqua che poi ho passato oppure due scatolette di passata di pomodoro
  • Trecento grammi di piselli freschi sgusciati
  • Un bicchiere piccolo di olio extra vergine
  • Un cipolla grande, uno spicchio di aglio e peperoncino secondo i gusti
  • Poco vino bianco
  • Vi aspetto presto per le acciughe, questa volta preparate con i piselli come le faceva mia nonna…

    Seppie con piselli

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    I biscotti natalizi fatti in casa da mia mamma

    I biscotti natalizi fatti in casa da mia mamma.
    Una delle tradizioni intramontabili di casa mia è la preparazione dei biscotti natalizi.
    Mia mamma si mette all’opera per creare questi che sono tra i più buoni biscotti che abbia mai mangiato. Sarà per l’atmosfera o per l’amore che viene messo nell’impasto….
    Assieme ai ravioli, sempre fatti in casa (e dei quali cercherò di fare anche un film strip adeguato), le due cose che non possono mancare a Natale a casa mia.

    Una formina con cui si da la forma
    La pasta dalla quale si tolgono i biscotti
    Biscotti nella teglia pronti alla cottura
    Biscotti appena usciti dal forno
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